Omelia Veglia di Pasqua

Omelia di S.E. Mons. Andrea Turazzi

Cattedrale di Pennabilli, 26 marzo 2016

Lc 24,1-12

Notti di passione e di amore. Notte di luce, questa! I misteri che stiamo celebrando non possono che strapparci l’acclamazione con tono sempre più alto che, annunciato poco fa al vescovo, dal vescovo è stato innalzato con tutti voi: Alleluia!
Una parola sui riti così eloquenti e splendidi. La benedizione del fuoco, la cui scintilla balza dal sasso come il Risorto dal sepolcro e si fa fiamma, una fiamma che procede col cero pasquale che si fa fiume di luce attraverso voi tutti, seguaci di Cristo, illuminando la Chiesa e il mondo.
Poi, il canto dell’Exultet, o annunzio o Vangelo pasquale, cantato con stupita, attonita e incontenibile gioia. Il riascolto della storia della salvezza attraverso le pagine della Sacra Scrittura, una storia che arriva sino a noi, e oltre, e che ci coinvolge con i riti che seguiranno: quello dell’acqua del Battesimo e quello dell’Eucaristia che ci unirà tutti al Signore tra noi. Da questa notte, da questa Veglia, la Chiesa e il mondo risuonano di questo Alleluia carico di meraviglia, di riconoscenza, di gratitudine, di fede ed amore. Allelu, lodate; Ia, Dio. «Alleluia. Lodate Dio nel suo santuario, lodatelo nel suo maestoso firmamento. Lodatelo per le sue imprese, lodatelo per la sua immensa grandezza. Lodatelo con il suono del corno, lodatelo con l’arpa e la cetra. Lodatelo con tamburelli e danze, lodatelo sulle corde e con i flauti. Lodatelo con cimbali sonori, lodatelo con cimbali squillanti. Ogni vivente dia lode al Signore. Alleluia» (Sal 150).
Questa semplice e densissima parola ebraica – Alleluia – è stata la preghiera di Gesù nella sua Pasqua. I Vangeli notano che uscì dal Cenacolo, compiuta l’istituzione dell’Eucaristia, dopo aver cantato l’inno, ossia il gruppo dei salmi alleluiatici della Pasqua. Gesù, quella sera, cantò il grande Hallel, l’Hallel egiziano, a ricordo dell’uscita del popolo di Israele dall’Egitto.
Gesù cantò se stesso perché, tra poco, sarebbe andato incontro alla morte e sarebbe sfuggito al suo dominio con la risurrezione. Egli cantò la sua vittoria sul peccato e cantò l’inaugurazione della vita nuova.
Gesù aveva detto nella sua preghiera sacerdotale, indugiando nel Cenacolo: «Padre, è giunta l’ora. Glorifica il figlio tuo, perché il figlio tuo glorifichi te. Poiché tu gli hai dato il potere su ogni essere umano perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato. Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo» (Gv 17,1-3).
Gesù conosceva il Padre e ne possedeva la vita. Nella risurrezione, questa vita egli ha conquistata nella gloria con la facoltà di comunicarla a quanti credono in lui e lo amano. Egli, nella risurrezione, è il donatore della vita.
Alleluia, per noi che dal Battesimo, mistica sepoltura, siamo emersi alla sua vita. Alleluia, per quanti accolgono in sé il sigillo dello Spirito Santo e il corpo e sangue del nostro Redentore.
Alleluia, nessuna parola è più adeguata ad esprimere i nostri sentimenti di questa notte, sentimenti che riecheggiano nel libro dell’Apocalisse. La Chiesa ne ha fatto un cantico, colmo, straripante di Alleluia, per tutte le domeniche che sono la Pasqua settimanale.
«Alleluia. Salvezza, gloria e potenza sono del nostro Dio; veri e giusti sono i suoi giudizi. Alleluia. Lodate il nostro Dio, voi tutti, suoi servi, voi che lo temete, piccoli e grandi. Alleluia. Ha preso possesso del suo regno il Signore, il nostro Dio, l’Onnipotente. Alleluia. Rallegriamoci ed esultiamo, rendiamo a lui gloria. Alleluia. Sono giunte le nozze dell’Agnello; la sua sposa è pronta» (Ap 19, 1-7).
Una esplosione di Alleluia. Ma questo Alleluia non basta lanciarlo al cielo con la voce, occorre testimoniarlo con la totalità della nostra vita. Bisogna essere un “Alleluia vivente”. Non siamo forse chiamati ad essere come dice San Paolo, «ad laudem gloriae»? (cfr. Ef 1,6.12.14).
Un filosofo celebre ha scritto: «Bisognerebbe – dice parlando dei cristiani – che mi cantassero qualche canto migliore, perché io potessi credere al loro salvatore. Bisognerebbe che i suoi discepoli avessero un’aria più da salvati» (F. Nietzsche, Così parlò Zaratustra, Dei preti). Vorrei che questa sera Nietzsche fosse qui a constatare la gioia dei nostri Alleluia. E – perché no? – a cantare, insieme a noi e a tutti quelli che la pensano come lui, l’Alleluia di Pasqua.