Omelia in occasione della 13a Giornata per la Custodia del Creato

1.
“Eucaristia” è una parola greca che significa “ringraziamento”. Il Signore Gesù ringrazia il Padre e lo fa con un atto di offerta piena di gratitudine, di lode.  Gesù celebrò la sua prima Messa sulla croce, sospeso fra cielo e terra, quando disse il suo “sì” alla redenzione. Quel sacrificio fu fatto per amore, con totale abbandono alla volontà salvifica del Padre. Ogni Messa rende presente – in modo incruento – il suo sacrificio di lode, Eucaristia. Noi ci inseriamo in questo suo sacrificio di lode: nella sua offerta, piena di lode, la nostra offerta riconoscente: sia lode a te, o Signore!
Celebre il canto: «Nella tua Messa, la nostra Messa, nella tua vita, la nostra vita».
Questa sera voglio dirti grazie, Signore, per il dono di questa “casa comune” che è la terra. Grazie per gli «uomini di buona volontà», che si impegnano a custodirla, a farla vivere, a promuovere progetti di studio e di tutela degli ecosistemi, che si prodigano per incentivare lo sviluppo di un’agricoltura più sostenibile e per organizzare iniziative educative e spirituali – come questa di oggi – che coinvolgono tante persone nella cura del Creato.
Grazie alla parrocchia, a don Luis, che ha fatto sua fin dall’inizio la proposta di celebrare qui la Giornata diocesana per la Custodia del Creato. Grazie al Capitano di Castello, Giacomo Rinaldi, che ci accoglie a Montegiardino, uno dei territori più suggestivi della Repubblica.

2.
Lo sguardo si allarga da questo luogo a problematiche generali e si impongono alcune considerazioni. È necessaria una rinnovata e sana relazione tra l’umanità e la terra. Siamo convinti che solo una visione dell’uomo autentica e integrale ci permetterà di prenderci cura del nostro pianeta, a beneficio soprattutto delle future generazioni. «Non c’è ecologia senza un’adeguata antropologia» (LS 118). Si parla di una vera e propria «alleanza con la terra», di un patto fra gli umani, così fragili, e la terra, tanto grande ed esigente nei suoi tempi e nei suoi spazi. Bisogna che ci guardiamo negli occhi, noi umani e la terra. Come tra persone oneste, quando si stringe un patto si chiede, anzitutto, fedeltà alla parola data e, prima ancora, una conoscenza adeguata l’uno dell’altro. E perché fare alleanza? Perché si ha bisogno di un sostegno reciproco e della consapevolezza dell’inevitabile interdipendenza. La terra vede nell’umanità l’espressione più alta della vita, che arriva fino alla meraviglia della razionalità. Ho molto rispetto degli animali; a volte, gli animali ci rendono più umani. Ho molta ammirazione per le piante; mio padre era ortolano e mio fratello, che ha continuato il lavoro di nostro padre, dice che parla con le piante, perché sono vive. Ma nulla arriva a quello che l’uomo è con la sua razionalità e spiritualità. Ma l’uomo, che è razionale, che inventa capolavori e crea meraviglie, è fatto di terra. Nella Genesi leggiamo che il Creatore ha tratto l’uomo dalla terra. E alla terra tornerà: «Memento, homo, quia pulvis es, et in pulverem reverteris». Siamo fatti di terra, di quell’elemento del pianeta che è anche nelle stelle. Gli umani non possono pensarsi staccati dalla terra: non potrebbero vivere!

3.
L’alleanza fra noi e la terra ha tre caratteristiche o conseguenze. La prima caratteristica è l’unità: uomo e terra si appartengono reciprocamente. Questo è il cammino evolutivo della storia. Se l’uomo è il fiore più bello sbocciato sulla terra, la terra è lo stelo sul quale è cresciuto. L’uomo non può ignorare le esigenze della terra, non può sottoporla al suo capriccio o al suo arbitrio, non può recidersi dalla terra, sarebbe l’egoismo e la sciagura più grande. Non può neanche ricoprire la terra di rifiuti; sarebbe come un astronauta che riempisse di scarti la sua nave spaziale… finirebbe per affogare in quel piccolo spazio. È quello che sta accadendo agli uomini.
La terra, dal canto suo, se rispettata nei suoi cicli, nei suoi ritmi e nella sua natura, offrirà ospitalità, nutrimento e bellezza. Per questa unità, la terra seguirà l’uomo (perché l’uomo la migliora sempre di più, incanalandone le forze) e l’uomo seguirà la terra. Sarà una reciproca accoglienza. Diversi, noi e la terra, ma uniti.
C’è una seconda conseguenza dell’alleanza, è l’indissolubilità. I destini della terra e dell’uomo non sono pensabili separatamente. La perdita dell’uomo sarebbe per la terra un ritorno all’indietro, al caos.
L’uomo trae profitto dalla terra, ma sarà attento a non impoverirla, a non manipolarla scriteriatamente, cioè con criteri egoistici e con logiche di potere. Viene da pensare ad un paradosso: non si può pretendere di far crescere l’erba tirandola con le mani; essa ha bisogno di calore, di luce, di umidità, di tempo.
Ancora una conseguenza: l’alleanza terra-umanità è feconda, generativa. Insieme, la terra e l’uomo, hanno la comune vocazione a dare il meglio: pane quotidiano per tutti, acqua assicurata ad ogni uomo (purtroppo oggi oltre seicento milioni di esseri umani non hanno a disposizione acqua potabile). La terra e l’uomo, alleati, possono portare frutti di vita, ma occorre una paziente opera, quasi una gestazione.

4.
Unità, indissolubilità e fecondità sono state pensate dal Creatore, perché l’uomo, coltivando la terra, la indirizzi ad un futuro di risurrezione: compimento della creazione. La creazione attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio; essa infatti è stata sottomessa alla caducità. La creazione soffre e geme come nelle doglie del parto e spera di essere liberata dalla schiavitù della corruzione (cfr. Rom 8,19-22).
Il nostro tornare alla terra, quando moriremo, non è un marcire che dice fine, scomparsa, polvere. La fede assicura che l’uomo nella terra prepara la risurrezione, come un seme che porta frutto (cfr. Gv 12,24). L’uomo risorgerà con questa carne fatta di terra. È una visione che è stata tematizzata da un grande pensatore, Pierre Teillard de Chardin. Egli ha riflettuto molto su questa missione dell’uomo: introdurre la terra nel Regno di Dio. Anche ognuno di noi, come Gesù che è sceso nelle viscere della terra ed è risorto per portare in cielo l’umanità, porterà non solo la sua umanità, ma anche grappoli di vita, di terra, di relazioni e di frutti. Custodire il creato, sino alla fine. Così sia.