XXV Domenica del Tempo Ordinario

Omelia di S.E. Mons. Andrea Turazzi

Petrella Guidi

21 settembre 2014

È un giorno importante per il nostro borgo. Si fa festa per l’avvenuto restauro della chiesa, luogo dell’incontro fra noi per la preghiera, ma soprattutto luogo nel quale il Signore ci fa dono di una sua particolare presenza.
«Ma è proprio vero che Dio abita sulla terra? – pregava Salomone nel giorno della dedicazione del tempio a Gerusalemme – Ecco i cieli dei cieli non possono contenerti, tanto meno questa casa che io ho costruita! (…) Siano aperti i tuoi occhi notte e giorno verso questa casa, verso il luogo di cui hai detto: là sarà il mio nome! Ascolta la preghiera che il tuo servo innalza in questo luogo» (1Re 8, 27-29).
Quando Giuda Maccabeo, dopo la profanazione avvenuta con l’occupazione pagana, rientrò nel tempio lo trovò «desolato, l’altare profanato, le porte arse e cresciute le erbe nei cortili come in un luogo selvatico e gli appartamenti sacri in rovina», lui e i suoi uomini «si stracciarono le vesti, fecero grande pianto, si cosparsero di cenere, si prostrarono con la faccia a terra e alzarono grida al cielo». Allora coi suoi uomini e i sacerdoti restaurò, purificò e consacrò di nuovo il tempio. Ci fu grande gioia: «Tutto il popolo si prostrò con la faccia a terra e adorarono e benedirono il Cielo… celebrarono la dedicazione dell’altare per otto giorni e offrirono olocausti con gioia (…). Poi ornarono la facciata del tempio con corone d’oro e piccoli scudi» (1Mac 4, 36ss).
Da Gesù in poi si adora Dio in spirito e verità (cfr. Gv 4, 23). Bastano due o tre riuniti nel suo nome per godere della sua presenza (cfr. Mt 18, 20). Tuttavia, il luogo della preghiera, il luogo dove si celebra l’Eucaristia e – quando è possibile – con onore la si conserva, è santo.
Le pietre che lo formano sono il segno del tempio vivo che è la Chiesa e di cui noi siamo le pietre vive (cfr. 1Pt 2, 5), cimentate dal nostro comune riferimento a Cristo che è il capo e noi sue membra, riunite in fraternità.
Sì, in questa prospettiva la chiesa di pietra è anche relativizzata. Infatti «Del Signore è piena la terra» (cfr. Sal 119, 64). Il Signore abita nella nostra interiorità. Che dire poi della presenza del Signore nella nostra famiglia: la famiglia è la “piccola Chiesa domestica” (cfr. LG 11). E tuttavia, la chiesa di pietre (il tempio) è come un sacramento, cioè un segno efficace della grazia divina; segno efficace del suo desiderio di stare con noi e di attirarci a lui.
Il tempio è segno esterno, visibile, bello, aperto, accogliente, perché tutti sono candidati all’incontro col Signore. I nostri padri hanno voluto questo tempio, hanno scelto il luogo più attraente possibile, hanno impegnato risorse e, soprattutto, l’hanno frequentato con fede. Ce lo hanno lasciato perché sia un segno per noi, una eredità che ci responsabilizza. Questa chiesa sopravvivrà a noi e continuerà ad essere testimonianza. Ci sovviene una frase di Gesù non senza una qualche amarezza: «Quando il Figlio dell’Uomo verrà, troverà la fede sulla terra?» (Lc 18,8).
Che sia oggi per tutti noi una occasione per un riesame della nostra vita e delle nostre convinzioni. Che ne è della nostra fede? La nutriamo con la preghiera quotidiana? La fortifichiamo con la partecipazione domenicale all’Eucaristia, santificando il giorno del Signore? La approfondiamo facendo un serio cammino di fede (formazione e lettura della Parola di Dio)? Dal restauro della chiesa di pietra alla riforma della nostra vita cristiana.