I ragazzi pregano

4 agosto 2023

La mattinata è dedicata alla proposta del sacramento della Riconciliazione. Voglio proprio vedere come i giovani reagiranno. Ancora una volta si preferisce coinvolgerli per sentire da loro cosa pensano e come vivono il sacramento della Confessione. Diversi i sentimenti che raccolgo: timore, incertezza, imbarazzo, soggezione, inquietudine… Ma c’è anche chi aspetta questo momento. C’è chi si avvicina alla Confessione alla ricerca di un dialogo: apprezza la conversazione con un prete preparato e umano, accarezza l’idea di essere capito e giustificato. C’è chi ha ancora un’idea infantile della Confessione e quindi avverte la sua inutilità, adesso che è grande, pensando che si vanno a ripetere sempre le stesse cose, senza mai cambiare. C’è tra i ragazzi chi si pone domande più profonde e radicali: perché il perdono di Dio attraverso un uomo? Possibile che basti un gesto, tutto sommato così semplice, per cancellare persino un delitto? La Confessione è stata realmente voluta da Cristo o è un’invenzione della Chiesa? Non sarebbe più semplice e più maturo riparare il male di cui si è responsabili, direttamente, senza una mediazione rituale? Anch’io, come loro, mi scandalizzo, non lo nascondo, per l’arroganza mafiosa, per l’ingiustizia, per l’umiliazione dei deboli, per la falsità sfacciata e subdola, per la mancanza di rispetto degli altri. Arrossisco e soffro per gli scandali nella Chiesa… Provo a dare qualche risposta: sono il vescovo catechista. Alla fine, una ragazza simpatica e schietta mi dice che è soddisfatta solo un pochino e fa il gesto col quale si chiede il caffè ristretto! Ribadisco: tutti abbiamo bisogno di misericordia, di perdono. La tentazione di denunciare la pagliuzza nell’occhio del fratello anziché la trave che è nel proprio è sempre in agguato.
Siamo una dozzina di preti a disposizione per i 250 giovani a noi affidati. Non so che cosa accade: mi hanno chiuso nella cappella del fonte battesimale. Non vado oltre… La Confessione è un momento segreto. Alla fine, imparo che tanti ragazzi hanno vissuto questo momento con serietà e serenità (ci saranno anche altri momenti per accostarsi alla Riconciliazione).
Oggi pomeriggio siamo stati introdotti in uno dei grandi eventi, tra i più attesi, la Via Crucis. Come ieri, il Papa arriva in grande anticipo per salutare i giovani che riempiono il grande parco “Eduardo VII”. Ce ne accorgiamo sentendo le grida festose che scoppiano dove papa Francesco sta passando. La Via Crucis comincia con due momenti di grande silenzio. È impressionante il silenzio di 500mila giovani: assordante! Silenzio dopo la prima domanda del Papa: «Io piango, qualche volta? Ci sono cose nella vita che mi fanno piangere?». Silenzio dopo la seconda domanda: «Ciascuno di noi pensi alla propria sofferenza, pensi alla propria preoccupazione, pensi alle proprie miserie. Non abbiate paura, pensateci. E pensate al desiderio che l’anima torni a sorridere».
Il Papa ha aperto la Via Crucis ricordandoci che Gesù ha camminato. Ha camminato molto per asciugare lacrime, per sanare, per perdonare… Gesù cammina. Cammina oggi, accanto a ciascuno di noi.
Il palco è una grande struttura. Ieri mi chiedevo se fosse un edificio in costruzione, con tanto di impalcatura e scalette. Adesso capisco: è stato pensato anche per la Via Crucis. La croce dovrà passare da un piano all’altro, da una stazione all’altra, in verticale. Un gruppo di giovani ballerini si passano la croce arrampicandosi. Il cammino è tutto in salita, come è stato per Gesù, come è per tanti giovani di oggi. Ad ogni tappa una meditazione. C’è molta commozione. Scenografia avvincente, testi profondi. Non c’è solo spettacolarità, ma anche raccoglimento. Il Papa segue la Via Crucis da un monitor che gli è stato messo davanti. Un’ora e mezza di preghiera… con la vita. Non solo lacrime, ma anche risurrezione. I ragazzi pregano. Chiedo qualche impressione ai miei colleghi vicini. Uno mi dice: «Delicatezza e poesia per descrivere la realtà di vita dei giovani». Qualcuno sottolinea la stazione dedicata alla Veronica, dai volti ben curati – i giovani confessano di dare molta importanza all’immagine – ma al di là dei quali c’è un mondo tutto da scoprire e da conoscere. Amare è lasciarsi attrarre dal volto dell’altro, spesso un volto sfigurato come quello di Gesù. Un altro collega è rimasto molto colpito dalla stazione del Cireneo. «Il Cireneo – sottolinea l’arcivescovo di Milano – è uno costretto, non è come diciamo noi di solito, che va spontaneamente, poeticamente». Sta ad indicare ai giovani le tante cose che devono vivere, che capitano, piaccia o non piaccia. Croci da portare… Poi, vicino a me c’è monsignor Michele di Sulmona. Mi dice: «Che tenerezza la scena della deposizione di Gesù: le ballerine, come la Vergine, stringono un fagotto in cima alla struttura e pian piano t’accorgi che quel fagotto è il loro bambino. C’è tanta delicatezza, tanto amore e tanta cura». Davvero i ragazzi pregano.

+ Andrea Turazzi