Omelia nella S. Messa di chiusura della Visita Pastorale a Serravalle

Serravalle, 29 ottobre 2017

(da registrazione)

XXX domenica del Tempo Ordinario

Es 22,20-26
Sal 17
1Ts 1,5-10
Mt 22,34-40

1.
Ogni parrocchia ha una vocazione particolare. La dedicazione della parrocchia di Serravalle a Sant’Andrea designa la vocazione della vostra comunità. Vediamo qual è.
Sant’Andrea è l’apostolo che porta a Gesù. Ci sono tre episodi evangelici nei quali è protagonista. In tutti e tre ci appare intraprendente. Nel primo episodio Andrea viene invitato da Giovanni Battista a seguire Gesù: «Ecco l’agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo!» (Gv 1,29). Andrea si mette a curiosare alle spalle di Gesù. Gesù si volta e lo invita. Andrea va con lui, rimane con lui per un giorno intero e si ricorderà per tutta la vita: «Erano le quattro del pomeriggio» (cfr. Gv 1,39). Andò nella dimora di Gesù e quando tornò, andò da suo fratello Pietro: «Abbiamo trovato il Messia, vieni a vedere» (cfr. Gv 1,41). E lo condusse da Gesù. Un altro episodio commovente è quello della folla affamata al seguito di Gesù. Gesù dice agli apostoli di provvedere, ma non sanno come sfamare tanta gente. Andrea – ecco la vocazione – segnala la presenza di un fanciullo e lo accompagna da Gesù. Anche lui è tormentato dai dubbi come noi e si lascia sfuggire un’esternazione scettica: «Ma che cos’è questo per tanta gente?» (Gv 6,9). Gesù moltiplicherà pani e pesci per tutti, ma è stato Andrea che ha portato il fanciullo a Gesù. Nel terzo episodio viene raccontato un momento di altissima, sublime autorivelazione. C’è un gruppo di greci (stranieri) che vuole vedere Gesù. La delegazione si rivolge ad Andrea (Andrea porta un nome greco, per questo i greci vanno da lui, si sentono interpretati da lui, essendo inculturato col loro mondo. Andrea e Filippo vanno a dirlo a Gesù che accoglierà i greci. Dopo questa concitata anticamera, avviene l’incontro. Gesù coglierà l’occasione per consegnare il significato della sua esistenza e del suo sacrificio con la metafora del chicco di frumento che, caduto a terra, muore e moltiplica vita (cfr. Gv 12,24). Sì, ho visto il prolungarsi della missione di Andrea nell’impegno educativo e catechistico della vostra parrocchia, un impegno a favorire e a preparare l’incontro con il Signore. La parrocchia di Serravalle si distingue per l’impegno in ambito educativo. Vorrei dire ai genitori: «Assecondate questo sforzo, approfittate di tante risorse ed energie messe a disposizione con il servizio disinteressato di tanti amici ed amiche!». Penso anche al Circolo e al Centro sociale Sant’Andrea che offrono iniziative e contatti anche con l’esterno della parrocchia per avvicinare a Gesù e al suo Vangelo, attraverso il dialogo con tutti, specialmente con i “greci” di oggi. Altrettanto la Colonia, a servizio di tante famiglie e per la gioia di tanti ragazzi, con la collaborazione delle istituzioni, soprattutto della Congregazione di Serravalle; così l’impegno nel campo sportivo dell’associazione Juvenes. Che cosa chiedono i giovani? Di allargare sempre di più le proposte e di andare in cerca di nuovi amici. Come ha fatto Andrea! Ma, come la chioma di un albero è proporzionata allo sviluppo delle radici, così dico loro di andare in profondità nella vita cristiana, sacramentale, nella preghiera. Ad esempio, si avvicinano le ricorrenze dei Santi e dei defunti: sarebbe bello ne approfittaste per rinnovare la Confessione, per accostarsi all’Eucaristia. Abbiate cura della vita interiore.

2.
Il brano evangelico ci ha riproposto il comandamento dell’amore. La parola amore rischia di essere inflazionata e pertanto di sgualcirsi. Attenzione, gli avversari di Gesù tornano alla carica, stavolta con un tranello più raffinato: «Qual è il più grande dei comandamenti?». Oltre ai dieci dati sul Sinai, i maestri della legge contavano, tra proibizioni e ordini, 613 precetti. Una scuola rabbinica del tempo di Gesù considerava tutti dello stesso valore. Dicevano: «Che il comandamento leggero ti stia a cuore come quello più pesante». Un’altra scuola, invece, aveva stilato una sorta di minuziosa piramide di valori. Vogliono che Gesù prenda posizione, si comprometta, si schieri da una parte o dall’altra. Gesù anche questa volta sorprende, va all’essenziale, a ciò che sta sotto di ogni precetto, risponde: “Ama!”. Solo questo? Sì, solo questo! Gesù sembra operare una semplificazione e ridimensioni la tensione morale. Al contrario, Gesù radicalizza le esigenze della legge, perché mobilita tutto l’uomo nella sua interezza: cuore, anima, mente, forza, tutto quello che è nell’uomo, e in maniera integrale, ripetendo per ben tre volte il dimostrativo “tutto, tutta, tutto”. Per ben tre volte ripete l’appello alla totalità, all’impossibile! Ma non è l’impossibile che sgomenta. «Come posso osservare tutte le leggi?». «Ama senza misura» è la risposta. «Perché di amare sei capace! Ti ho programmato così», dice il Signore. In questo senso il comandamento dell’amore non è il primo di una serie, ma quello che dà senso e vigore ad ogni altro atteggiamento cristiano. Tutti i comandamenti non sono altro che applicazioni ed espansioni dell’unico comandamento.
Incontrando le maestranze e gli imprenditori delle tante attività presenti sul vostro territorio ho parlato di spiritualità del lavoro. Ho detto con alcuni: «Quando metti la chiave per avviare l’auto che ogni mattina ti porta lavoro, a che cosa pensi?». La risposta è: «Guardo se c’è la benzina». D’accordo. «Prova a fare un pensiero più profondo». «Perché vai a lavorare?». «Vado a lavorare per lo stipendio». Certamente. Qualcun altro: «Perché ho dato la mia parola». Sicuramente. «Per creare insieme ad altri qualcosa di nuovo». Ci sta! Ma più si avanza con i “perché” – per la propria famiglia, per i figli, per un servizio alla comunità, per accontentare clienti – si arriva a riconoscere che è l’amore che dà significato, slancio e creatività al lavoro. Si lavora per amare, si fa per gratitudine ed è questo che nobilita il lavoro umano. Allora la spiritualità non è soltanto una preghiera, una benedizione che avvolge di divino la fatica di ogni giorno, ma l’amore che tutto vivifica e trasforma. Anche il lavoro è preghiera. È il mio messaggio a quanti ogni giorno si spendono nel lavoro: «Fare per amore».

3.
In alcuni luoghi pubblici, soprattutto a scuola, si è voluta giustificare accuratamente e puntigliosamente la visita del vescovo. Si dice ad esempio: la scuola è laica, è di tutti, deve guardarsi dall’invadenza della Chiesa cattolica. Vorrei dire: «Non temano i dirigenti, i maestri; quella del Vescovo è stata e sarà sempre una visita di cortesia, per significare quanta considerazione la Chiesa abbia per la scuola. Non può un’istituzione del territorio come la scuola non tener conto di un’altra istituzione tanto significativa come la Chiesa.
Più in generale, non temano le istituzioni civili: il richiamo evangelico ad amare Dio è strettamente connesso con l’amore per il prossimo, con i valori della pace, della solidarietà, dell’impegno per il bene di tutti. L’anonimo dottore della legge che ha fatto la domanda a Gesù recitava ogni mattina lo “Shemà Israel”, il precetto dell’amore a Dio; sapeva bene che il precetto dell’amore al prossimo è collegato (come del resto praticano tutte le religioni…). Ma questa è la novità portata da Gesù: il secondo precetto è simile al primo, congiunto ad esso inseparabilmente. Amare Dio e amore al prossimo non sono alternativi, al contrario. Dio non ruba il cuore, non sequestra menti e braccia, semmai le moltiplica. Non è l’esperienza che facciamo tante volte? Dio allarga il cuore. L’amore allarga il cuore perché Dio è amore! Chiedetelo ai tanti anziani ammalati della parrocchia che, attraverso i sacerdoti, le suore, i ministri, ricevono l’Eucaristia ogni mese, qualcuno anche ogni domenica. Quanti cuori allargati ho incontrato. Le loro membra sono stanche, la mente e la memoria sono offuscate qualche volta, ma in loro c’è tanto cuore, tanta saggezza, tanto amore verso i figli, tenerezza verso i nipoti. Se qualcuno fa fatica a credere o non ci riesce proprio gli direi: «Continua ad amare». C’è una frase fulminante nel Vangelo: «A chi ama mi manifesterò» (Gv 14,21).

4.
Siamo per avvicinarci al momento centrale dell’Eucaristia, la più forte e la più inaudita delle dichiarazioni d’amore: «Prendete e mangiatemi, prendete e bevetemi» (cfr. Mt 26,26). In ogni dichiarazione d’amore c’è un trasalimento, qualcosa di magico. Attorno all’altare formiamo una sola famiglia nel silenzio adorante i cuori battono all’unisono. Poi viene il momento di ricevere la Comunione con il corpo-sangue-anima- divinità del Signore Gesù presente nel dono di un pane spezzato. Ci sono fratelli e sorelle che con il loro ardente desiderio di ricevere la Comunione, che ora non possono fare, e la loro nostalgia, sono per tutti noi un ammonimento, ammonimento per le nostre Comunioni disattente, abitudinarie, distratte e, qualche volta, fatte senza discernere il corpo del Signore. Ho ascoltato questi amici, queste amiche: è stato uno degli incontri più belli della settimana. Una tappa importante sul loro cammino di discernimento, di integrazione delle fragilità. Tutti in comunione. Tutti discepoli. Tutti impegnati a vivere il Vangelo. Ripeto: «Se tu leggi il Vangelo e lo vivi ti trasforma in un altro Gesù» Questo è il messaggio che consegno alla comunità parrocchiale di Serravalle: «Siate fieri di essere cristiani! E fatelo vedere!».