Omelia nell’VIII domenica del Tempo Ordinario

Faetano (RSM), 27 febbraio 2022

Sir 27,5-8
Sal 91
1Cor 15,54-58
Lc 6,39-45

Gesù racconta tre mini-parabole, una più bella dell’altra, una più suggestiva dell’altra, una più curiosa dell’altra: la parabola del cieco che guida un altro cieco, la parabola della pagliuzza e della trave, la parabola dell’albero buono e dell’albero cattivo.

Il cieco che guida un altro cieco: a chi si rivolgeva Gesù? Possiamo far nostre diverse interpretazioni. Secondo una prima interpretazione Gesù si rivolge ai discepoli: «Cercatevi dei buoni maestri!». Oggi, ahimè, è tempo di cattivi maestri. Ma anche nella comunità del tempo c’erano falsi maestri. Bisogna stare in guardia, perché i cattivi maestri possono condurre fuori dall’insegnamento autentico di Gesù.
Secondo un’altra interpretazione la parabola sarebbe un avvertimento ai responsabili della comunità: ad esempio, tu che sei vescovo, dove stai guidando la tua comunità? Esaminati. Sei lungimirante? Del resto poi, ognuno ha una qualche responsabilità e deve interrogarsi seriamente, stimolato da questa parabola di Gesù: come assolvi il tuo servizio? Probabilmente Gesù faceva un discorso ampio, generale, sull’abitudine a giudicare gli altri, ad ergersi a giudici, quando noi stessi siamo ciechi. In ogni caso la parabola pende verso un’interpretazione cristologica: Gesù è il vero maestro. Il discepolo deve guardare il Maestro Gesù e deve imitarlo. Gesù afferma che nessun discepolo diventa più grande del suo maestro. Il detto è più comprensibile facendo riferimento alla didattica dell’epoca che prevedeva si ascoltasse bene il maestro e si riportasse fedelmente quello che lui insegnava: si dava più importanza all’ascolto che ai libri e alla ricerca. Però Gesù, in un punto del Vangelo di Giovanni, dirà: «Voi farete cose più grandi di me» (cfr. Gv 14,12): l’orizzonte che lui offre è immenso, perché l’orizzonte è lui, il modello è lui, anzi è Lui in noi! In conclusione, l’invito è di aderire pienamente all’insegnamento del vero Maestro e il suo insegnamento è amore e misericordia.

Nella seconda mini-parabola Gesù invita a stare attenti alla trave che hai nel tuo occhio prima di pretendere di togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo prossimo. Leggo questa mini-parabola in collegamento con quella celebre del servo spietato, a cui era stato perdonato un debito enorme, paragonabile al bilancio di uno stato e diventa senza pietà con il collega che gli doveva qualcosa di poco conto (cfr. Mt 18,23-35). L’insegnamento della parabola della trave e della pagliuzza, in concreto, è: converti te stesso. La trave che c’è nel mio occhio è il mio debito che il Signore è disposto a perdonare; come potrò non avere, a mia volta, un atteggiamento di benevolenza e di misericordia verso il fratello? Converti te stesso, cioè renditi conto che il tuo sguardo è confuso; interrogati sul tuo modo di vedere il prossimo. È necessario intraprendere un cammino di verità su se stessi. Chi ci può aiutare? Penso alle persone che ci vivono accanto (essere maestro l’uno per l’altro) e che sono quasi uno specchio di noi stessi, alla guida spirituale o al confessore, che ci aiuta a metterci nella verità, alla pratica quotidiana dell’esame di coscienza.

Abbiamo una conoscenza molto parziale degli altri; ci succede di vedere l’altro attraverso la lente delle nostre precomprensioni, del nostro punto di vista, della nostra storia, della nostra cultura, delle nostre esperienze, mentre l’altro è singolare, originale, unico. Soltanto Dio conosce pienamente l’altro. Dobbiamo chiedere al Signore la conversione del cuore e dell’intelligenza: «Non si vede bene che col cuore» (Antoine de Saint Exupéry). «Signore, dammi un cuore che sa capire, che sa vedere, dammi un’intelligenza aperta». Ci sono due disturbi della vista: la miopia e la presbiopia. Il miope vede benissimo da vicino, ma non vede bene da lontano. Fuori di metafora, la miopia spirituale è l’atteggiamento che rimpicciolisce; accade anche nella preghiera, quando è ripiegamento su se stessi, con un orizzonte limitato. Quest’anno, nel Programma pastorale, ci siamo riproposti di “abbracciare il mondo”! La presbiopia, al contrario, è il disturbo secondo il quale si vede benissimo da lontano, ma non si vede bene da vicino. A volte succede di avere grandi slanci, di aprirsi a chissà quali progetti e non ci si accorge delle problematiche delle persone che vivono accanto.

La terza mini-parabola riguarda l’albero buono che fa frutti buoni e l’albero cattivo che fa frutti cattivi. Non può che essere così. Interessante che Gesù prima parla della raccolta e poi della produzione: c’è un’apparente incongruenza, ma il succo è che l’agire segue l’essere, o meglio – detto in modo evangelico – che le nostre parole, i nostri pensieri, le nostre azioni vengono dal cuore. Di per sé il cuore è predisposto per il bene, quando fa il male tradisce le sue radici (cfr. Gn 1,31). Attenzione al cuore, allora! Coltivare un cuore buono… Come si fa ad avere un cuore buono? Bisogna metterci dentro le parole, i pensieri e l’esempio di Gesù. Possiamo paragonare la coscienza ad uno scrigno destinato a contenere le parole, i detti e i fatti della vita di Gesù. Ma dobbiamo avere l’umiltà di riconoscere che quello scrigno è fragile: abbiamo “tesori in un vaso di creta” (cfr. 2Cor 4,7). Ancora un appello alla conversione: essere sempre più simili a Gesù, ad avere i pensieri, le parole e le azioni di Gesù. Ci aiuterà la Quaresima che sta per iniziare!

Preghiera per la pace

In questo momento così eccezionale e drammatico ci uniamo in preghiera. Il Vescovo Andrea propone che STASERA si faccia un momento di preghiera in ogni famiglia, sottolineato con una luce che si accende su ogni davanzale.
Per chi vuole unirsi il Vescovo celebra dalla cappella dell’episcopio la S. Messa per la pace alle ore 19 in diretta sul canale YouTube della Diocesi a questo link: https://youtu.be/cx8RK25vVUI
Il Vescovo incoraggia iniziative di digiuno e di preghiera in tutte le comunità. Preghiamo uniti!

La segreteria vescovile
#noisiamolapace

Omelia nella S. Messa nel Centenario della nascita del Servo di Dio don Luigi Giussani

Serravalle (RSM), 22 febbraio 2022

40° anniversario del riconoscimento pontificio della Fraternità di Comunione e Liberazione e 50° della presenza del Movimento a San Marino e in Diocesi

1Pt 5,1-4
Sal 22
Mt 16,13-19

Saluto e ringrazio le Loro Eccellenze, i Capitani Reggenti, per la presenza; un caro saluto a tutti i partecipanti a questa liturgia.
Il Vangelo che abbiamo sentito proclamare ci dice che le risposte “per sentito dire” non valgono, quelle frutto di una sommaria istruzione dottrinale sono insufficienti e non fanno molta differenza, a questo proposito, le risposte accademiche. Gesù vuole la risposta del cuore: «Chi sono io per te?». Pietro aveva già dato la sua risposta gridando sotto la spinta della paura, ma anche della fiducia: «Signore, salvami!» (Mt 14,30). Era tra le onde del lago in tempesta. Un giorno dirà a nome di tutti: «Signore, da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna» (Gv 6,68). A Cesarea di Filippo, tappa centrale del Vangelo di Matteo (siamo al capitolo 16), Simone risponde: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente» (Mt 16,16). E Gesù di rincalzo: «Non la carne né il sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio» (Mt 16,17). Come dire, non ci sei arrivato da solo… Al confessore del Messia viene conferita la dignità di suo rappresentante: «Tu sei Pietro, su questa pietra edificherò la mia Chiesa» (Mt 16,18). Gesù cambia nome a Simone, lo chiama Pietro. Quante volte nel Vangelo Pietro combina guai! Eppure, proprio a lui Gesù conferisce la dignità di essere suo rappresentante. Sappiamo dalla tradizione biblica che il cambio del nome sta sempre ad indicare l’assegnazione di una missione speciale, così Abram viene chiamato Abramo, Giacobbe è chiamato Israele, ecc. Il nome Pietro significa “roccia”. La stabilità e la compattezza della futura comunità messianica poggeranno su Cristo, ma attraverso la mediazione di Pietro. La Chiesa, sia ben chiaro, è di Cristo, Pietro non l’ha fondata, non è a disposizione del suo arbitrio e non ne è il capo per doti particolari, tuttavia, dopo la risurrezione, Gesù l’associa a sè come garante dell’unità e della stabilità della Chiesa.
Insieme alla metafora della roccia Gesù adopera anche quella delle chiavi, del legare e dello sciogliere, allusione al ministero petrino di governo e di magistero. Questa investitura vale anche per chi succede a Pietro. Come può la comunità messianica godere di un servizio di unità se la roccia non sarà tale per tutto il tempo? La dimensione petrina è esercitata in modo proprio dal vescovo di Roma, il vescovo della Chiesa che presiede alla carità, secondo l’espressione di sant’Ignazio di Antiochia.
Molto importante per noi oggi richiamare la rilevanza del primato di Pietro. Lo facciamo nel giorno della festa della Cattedra di san Pietro: evidentemente non si festeggia un mobile, ma l’incarico, l’impegno, il servizio che ha il vescovo di Roma. Il papa, per volontà di Cristo, deve confermare i fratelli ed essere roccia di sostegno per la Chiesa, perciò è infallibile: un dono grandissimo che il Signore ha fatto alla sua Chiesa. Sarebbe da approfondire e precisare tutta la profondità di questa verità della nostra fede. Voi direte: l’infallibilità è assicurata nei pronunciamenti sulla fede e la morale ex cathedra. Tuttavia, anche l’insegnamento ordinario, non definitivo, gode comunque di una particolare assistenza divina. Esige un assenso interiore. Ricordo una frase che papa Giovanni Paolo II pronunciò durante il suo primo viaggio in Polonia; era il 1979 e c’era difficoltà, in quei primi anni, a capire il Papa, perché portava nell’esercizio del suo ministero tutto un mondo, tutta un’esperienza, una testimonianza di fede e di combattimento che erano quelli della Polonia. «Se Dio mi ha chiamato con queste idee – disse –, ciò è avvenuto affinché abbiano risonanza nel mio ministero». Non si può accogliere il papato, distanziandosi da questo o quel papa. Allo stesso modo, oggi papa Francesco porta la vita, la storia, le fatiche, le singolarità della Chiesa latino-americana. E se il Signore lo ha chiamato con queste idee vuol dire che se ne deve tenere conto: è Pietro oggi.

Mi collego all’esperienza di Pietro nel riconoscimento del Signore come Messia per rimarcare il dono che è stato ed è don Giussani, non solo per il movimento di Comunione e Liberazione, ma per tutta la Chiesa. Anzitutto la sottolineatura forte del mistero dell’incarnazione, avvenimento che l’uomo, con tutti i suoi sforzi, non avrebbe potuto neppure immaginare. Penso all’immaginazione straordinaria dei miti antichi da Gilgameš alla tradizione egizia e alla nostra greco-latina (Ovidio, Esiodo, ecc.); nonostante la fervida fantasia non erano mai arrivati ad immaginare l’incarnazione di un Dio. Ovviamente l’incarnazione non è un mito, ma una realtà per la quale si dà la vita. Al mistero dell’incarnazione tende ogni espressione autentica dello spirito umano. È un tema ricorrente in don Giussani: «Per farsi riconoscere Dio è entrato nella vita dell’uomo come uomo, secondo una forma umana che penetra i nostri occhi, che tocca il nostro cuore, che si può afferrare con le nostre braccia». È Gesù, con la sua divina umanità, che l’uomo cerca quando è acceso da un desiderio di bellezza, di verità, di giustizia, di bene, di libertà. C’è una corrispondenza fra il cuore dell’uomo e la verità del Signore. E’ la novità portata da Gesù, il quale, come dice sant’Ireneo, «omnem novitatem attulit, semetipsum afferens», ossia «nella sua venuta, ha portato con sé tutta la novità» (Adversus Haereses, IV, c.34, n.1, cit. in EG 11). Vedete allora la freschezza, il fascino, della vita cristiana. Come mi insegnate è tutt’altro che una dottrina astratta, un insieme di leggi e di etica… Anche i precetti difficili del Vangelo di domenica scorsa – amare il nemico, dire bene di chi ci sminuisce – non vanno collocati nell’etica: dietro c’è una rivelazione. Dio è Padre, che fa piovere sui buoni e sui cattivi, fa venire il sole sui giusti e sugli ingiusti (cfr. Mt 5,45).
Partecipando a qualche incontro con gli amici di Comunione e Liberazione spesso ho sentito tornare queste parole, quasi una dizione formulare: “avvenimento”, “accadimento”, “incontro”. Sono parole dietro le quali sta un’esperienza. Mi piace soprattutto la parola “incontro”. Tale è, infatti, il cristianesimo: un incontro con una persona presente, carica di un’attrattiva misteriosa, capace di cambiare completamente l’orientamento della vita. Infatti, tante volte in questi incontri viene riferito un cambiamento, perché c’era stato un momento in cui era accaduto qualcosa di straordinario: l’incontro. Cito anche un altro testo tratto dal libro di Alberto Savorana su don Giussani: «Ciò di cui tutto è fatto è diventato uno di noi (il Verbo per mezzo del quale tutto è stato fatto e niente di ciò che esiste può prescindere da lui, perché tutto è stato fatto in Lui, cfr. Gv 1,3). Allora uno che lo incontra dovrebbe girare il mondo, gridandolo a tutti». Sentite la conclusione: «Ma uno può girare il mondo, gridarlo a tutti, stando nel luogo in cui Cristo lo ha provocato». Quindi, se dovessimo individuare un’espressione sintetica di tutta l’esperienza umana, cristiana ed ecclesiale di don Giussani, una parola attorno a cui tutto il suo insegnamento si può riassumere, dovremmo scegliere certamente la parola “vocazione”: vita come vocazione.
Concludo con un’altra citazione. È una lettera che, giovanissimo, Luigi Giussani scrive ad un amico: «Io non voglio vivere inutilmente: è la mia ossessione e poi, tra due amici profondi, cosa si desidera? L’aspirazione dell’amicizia è l’unione, è il dono di immedesimarsi, impastarsi, diventare la stessa persona, la stessa fisionomia della vita». «Ma Gesù è in croce – scrive il giovane don Luigi –; la gioia più grande della nostra vita è quella che, ad ogni piccola o grande sofferenza, ci fa scoprire “ecco, ora sei più simile, più impastato con lui”». Questo testo mi piace; questo linguaggio “spirituale” in un cristiano concreto smentisce il pregiudizio secondo cui spiritualità e contemplazione sono in contraddizione.
«Tu es Petrus», Gesù l’ha detto a Simone, ma ognuno di noi che riconosce il Signore come “il suo Signore” diventa Pietro, viene invitato e costituito per la missione.

Giornata internazionale della donna

Omelia nella VII domenica del Tempo Ordinario

Pieve di Carpegna (PU), 20 febbraio 2022

1Sam 26,2.7-9.12-13.22-23
Sal 102
1Cor 15,45-49
Lc 6,27-38

Di solito, quando celebra il Vescovo, imparte la benedizione all’assemblea con il libro dei Vangeli. C’è un legame speciale fra il Vescovo, in quanto successore degli apostoli, e il testo del Santo Vangelo. Tant’è vero che – come avrete notato – il cerimoniere porge al Vescovo anche il pastorale. Che bisogno c’è? Non è Gesù il Pastore? Sì, è Gesù, ma Gesù ha scelto i Dodici apostoli perché fossero una sua presenza.
Oggi ci troviamo di fronte ad un Vangelo impegnativo. Sono aiutato dalle prime righe, in cui Gesù dice: «A voi che ascoltate, io dico…». È come se Gesù dicesse: «Datemi la mano, vi introduco in un orizzonte straordinario, vi faccio entrare con me». Rispondo: «Signore, se non ti guardassi negli occhi e non stringessi la tua mano, penserei che le parole che stai per dire siano umanamente impossibili da realizzare».

Ma qui non siamo di fronte ad un’etica o ad una precettistica. Se prendessimo queste parole come una pagina di etica, nella tradizione umana, nelle filosofie antiche e moderne, troveremmo qualcuno che si è lanciato in queste prospettive di amore senza confini. Nel tempo moderno basti pensare al Mahatma Gandhi, profeta della non violenza, oppure al pastore evangelico americano, Martin Luther King. Nella filosofia antica, Pericle diceva più o meno così: «Qual è la più grande vittoria? Quando sei riuscito a trasformare il nemico in un amico, allora hai vinto». Durante la guerra del 1915-18, un generale mandò un avamposto a neutralizzare il nemico che era dall’altra parte della trincea con questa ingiunzione: «Vi affido il compito di eliminare il nemico». Parecchio tempo dopo, i militari non tornavano. Il generale andò a vedere di persona. Trovò che i suoi soldati fraternizzavano con gli avversari. Andò su tutte le furie, minacciando di destituire il capitano… Ma egli si difese assicurando di aver fatto come gli era stato chiesto: aveva eliminato il nemico, erano diventati amici! Il racconto fa riferimento ad un avvenimento dimenticato dalla storia, realmente accaduto nelle trincee dell’Artois durante la Prima Guerra Mondiale. L’episodio è stato rilanciato da un celebre film di Christian Carion, Joyeux Noël (2005).
Dunque, amare il nemico? Impossibile! Effettivamente Gesù ci fa vedere un altro orizzonte; ci prende per mano e ci porta dentro al suo rapporto con il Padre. Per questo la raccomandazione: «A voi che ascoltate, io dico…». «Se voi mi seguite – dice Gesù – vivrete qualcosa del mio mistero. Io sono il Verbo fatto carne, Colui che è il “tu” eterno del Padre, sono in totale ascolto: Dio è Padre e ogni creatura è mio fratello, mia sorella». Gesù ci invita ad entrare con lui nel seno del Padre e a superare quell’istinto di autodifesa che c’è in noi: l’altro ci fa paura a livello inconscio, temiamo ci tolga spazio, sia una minaccia. Scriveva il filosofo inglese Thomas Hobbes: «Homo homini lupus (l’uomo è lupo per l’altro uomo)».  E Jean Paul Sartre, filosofo vissuto a cavallo della Seconda Guerra Mondiale, diceva «l’enfer, c’est les autres (l’inferno sono gli altri)». Chi si lascia andare a questa logica, ha paura nella relazione con l’altro; invece Gesù ci chiede di vivere le relazioni come lui è in relazione con il Padre e con noi. Le frasi che Gesù dice, talvolta sono paradossali. Quella volta, nella pianura, sulle rive del lago, partì il primo dei verbi “amate”: «Amate il vostro nemico». Siamo capaci di farlo in concreto? Per i nostri fratelli protestanti la persona umana non è in grado di farlo. Pensano che Gesù ce l’abbia comandato per farci capire che da soli non ci arriviamo. Allora bisogna che umilmente accogliamo la grazia come dono. Per noi cattolici la cosa è diversa. Fare del bene è sicuramente un dono di Dio, ma l’uomo con la grazia ne è capace, perché è stato creato così da Dio. Proviamoci! Così sant’Agostino: «Dio non comanda l’impossibile, ma comandando ti ammonisce di fare ciò che puoi e di chiedere ciò che non puoi (De natura et gratia, 43,50).
Nella pagina evangelica ci sono 8 verbi, i primi 4 coniugati con il “voi”: amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male; poi, Gesù parla come se guardasse negli occhi me, perché usa il “tu” e dice: «A chi ti percuote sulla guancia offri anche l’altra, a chi ti strappa il mantello non rifiutare la tunica (cioè dai tutto), dà a chiunque ti chiede e a chi prende le cose tue non chiederle indietro.
Ogni giorno scriverò uno di questi verbi per averli davanti agli occhi. Non ho nemici, ma mi sono nemici l’orgoglio, la pigrizia…
Vi auguro di meditare questa pagina come “pagina di rivelazione”. Ci colloca nella logica di Gesù. Dio è papà, gli altri sono fratelli. Devo amare questo fratello come lo amano sua mamma, suo papà.
Una volta, io e il Rettore del Seminario siamo andati a visitare una comunità di monache carmelitane di cui avevamo tanta stima. Il Rettore disse alla Madre Abbadessa che aveva un ragazzo assai disobbediente e che pensava di dargli, al rientro, due ceffoni. La Madre rimase sorpresa e diede questa risposta: «Se è sicuro di volergli bene come gli vuol bene sua mamma, gli dia pure due ceffoni…».
Buona settimana a tutti! Impegniamoci con gioia a famigliarizzare con quello che Gesù ci dice: essere nel Padre. Allora il Vangelo diventa comprensibile!

Giornata Unitaria in preparazione alla Quaresima

Pubblichiamo l’invito che il Vescovo Andrea rivolge a tutti per l’inizio della Quaresima 2022 seguendo l’itinerario del Vangelo di Luca.

Carissimi,
“gente di Pasqua” è l’appellativo più azzeccato col quale possiamo riconoscerci: c’è l’esperienza del cammino-esodo, c’è la meta della vita nuova, c’è l’esperienza dell’essere insieme comunione. Tutti nuovamente al seguito del Risorto, “vivi tornati dai morti”!
Tutto questo nel “pomeriggio unitario di spiritualità” (in presenza e in sicurezza) preparato dal coordinamento degli Uffici Pastorali:

domenica 27 febbraio ore 15:30-17:30

Apre e guida l’incontro il Vescovo. Tiene la meditazione don Luigi Epicoco, teologo, filosofo e scrittore. Tema: l’itinerario quaresimale secondo l’evangelista Luca (testi domenicali). Sede dell’incontro: chiesa di Murata, via don Bosco 12 – San Marino Città (RSM). L’incontro potrà essere seguito anche in streaming sul Canale YouTube della Diocesi.
In nessun modo questa proposta intende sottovalutare le iniziative delle singole parrocchie e delle associazioni, ma offrire a tutti un servizio e concorrere a superare la frammentazione delle iniziative.
Uniti nella vicendevole stima

+ Andrea Turazzi, vescovo

Giornata Unitaria in preparazione alla Quaresima

CUSTODIRE IL CREATO. Educare alla Casa comune secondo la Laudato si’

Prenderà avvio lunedì 14 febbraio uno speciale Corso di aggiornamento per Docenti, dal titolo “Custodire il Creato. Educare alla cura della casa comune secondo la ‘Laudato Si’ ”, promosso dall’Istituto Superiore di Scienze Religiose “A. Marvelli” (in collaborazione con gli Uffici Scuola e IRC delle diocesi di Rimini e di San Marino-Montefeltro).

Il Corso, riconosciuto e accreditato dal MIUR e dall’Ufficio Scolastico Regionale, è suddiviso in due parti distinte e complementari (Seminari di ricerca e Laboratori didattici) e si propone di offrire ai partecipanti gli strumenti critici e le competenze per approfondire i contenuti dell’Enciclica di Papa Francesco in prospettiva interdisciplinare, ma rivolgendo una particolare attenzione alla sua rilevanza e declinazione pedagogica.

Il primo incontro dal titolo

Custodire la creazione sulle tracce della “Laudato si’”.
L’ecologia integrale quotidiana e la responsabilità educativa

sarà guidato dal Prof. Simone Morandini
(Docente di Teologia della Creazione presso la Facoltà Teologica del Triveneto e l’ISE di Venezia)
e si svolgerà lunedì 14 febbraio alle ore 17 presso l’Aula Magna dell’ISSR “A. Marvelli” (Rimini, Via Covignano 265).

Il corso potrà essere seguito sia in presenza sia in modalità on-line, è richiesta un’iscrizione, da effettuare sul sito www.issrmarvelli.it entro il 7 febbraio.

Simone Morandini

Laureato in Fisica nel 1985 all’Università di Firenze, licenziato in Teologia Ecumenica nel 1993, presso l’Istituto di Studi Ecumenici “San Bernardino” in Venezia e dottore in Teologia ecumenica nel 1997 alla Pontificia Università “San Tommaso” in Roma, dal 2017 è vicepreside dell’Istituto di Studi Ecumenici “S. Bernardino” in Venezia (affiliato alla Pontificia Università Antonianum), dove tiene corsi dal 1998, insegnandovi attualmente Teologia della creazione, Principi del dialogo ecumenico, Etica ecumenica. Dal 1998 è membro del gruppo Custodia del Creato della CEI, attualmente espressione dell’Ufficio Nazionale per i Problemi Sociali e il Lavoro e dell’Ufficio Nazionale per l’Ecumenismo e il Dialogo, e precedentemente denominato Responsabilità per il Creato.
È autore di numerose, monografie, saggi scientifici ed articoli, nonché curatore di diversi volumi collettivi, su temi come la teologia della creazione in prospettiva ecologica, il dialogo scienza-teologia, l’ecumenismo ed il dialogo interreligioso, l’etica fondamentale e l’etica applicata. Tra le sue pubblicazioni segnaliamo in particolare: Laudato si’. Un’enciclica per la terra, Cittadella Editrice, Assisi 2015.

Per maggiori informazioni è possibile contattare la segreteria organizzativa: segreteria@isrmarvelli.it; 0541-751367.
Per consultare il programma dettagliato e per iscriversi, visitare il sito: www.issrmarvelli.it.

Scarica il depliant illustrativo

S.Messa con Comunione e Liberazione

Martedì 22 febbraio alle ore 18 la Fraternità di Comunione e Liberazione festeggia un anniversario molto significativo con una S.Messa presieduta dal Vescovo Andrea presso la parrocchia di Serravalle (RSM)
Si tratta del quarantesimo anniversario del riconoscimento pontificio della Fraternità di Comunione e Liberazione, nel cinquantesimo della presenza del Movimento a San Marino e in Diocesi e nel centenario della nascita del Servo di Dio don Luigi Giussani.

Pubblichiamo l’invito alla concelebrazione rivolto ai sacerdoti della Diocesi.

Scarica l’invito alla S. Messa

Giornata Mondiale del Malato

Alla presenza di tantissime persone accorse al Santuario del Cuore Immacolato in Valdragone si è celebrato ieri il momento culminante delle Giornate mondiali del malato: iniziativa a cura della Commissione diocesana della Pastorale della Salute, con l’animazione dell’USTAL, l’associazione ben nota ai sammarinesi per il suo impegno nel volontariato. È stata la prima volta (in tutta sicurezza) di una uscita così significativa in tempo di Covid-19. Il Vescovo Andrea ha voluto, ancora una volta, ringraziare pubblicamente quanti si dedicano, con molteplici servizi, alle persone inferme con la scienza, la dedizione e la competenza. «Il mondo della sanità – ha detto davanti ad un’assemblea attenta e coinvolta – è costituito da due esperienze: quella della sofferenza umana che prende la forma della malattia e quella dell’amore umano che prende la forma della cura verso chi è malato. Il mondo della malattia invoca senza sosta il mondo dell’amore. Impossibile l’indifferenza!».

Il Vescovo ha poi ricordato come i criteri della pratica e della politica sanitaria debbano essere centrati sul primato della persona, prima di qualsiasi altra considerazione. Ha concluso con due considerazioni. La prima: dopo aver fatto tutto quanto è umanamente possibile risulta immorale l’accanimento terapeutico. «Poi – parafrasando il recente intervento di papa Francesco – occorre non confondere l’aiuto delle cure palliative con derive inaccettabili che portano ad uccidere. Dobbiamo accompagnare alla morte, ma non provocare la morte. La vita è un diritto, non la morte, la quale va accolta, non somministrata». Il Vescovo Andrea ha concluso con le parole di papa Francesco: «Accarezzare un anziano ha la stessa speranza che accarezzare un bambino, perché l’inizio della vita e la fine sono un mistero sempre, un mistero che va rispettato, accompagnato, curato, amato».
Domenica 13 febbraio in ogni parrocchia si celebrerà la Giornata del Malato.