Pennabilli (RN), Santuario B.V. Grazie, 15 agosto 2022
Ap 11,19; 12,1-6.10
Sal 44
1Cor 15,20-26
Lc 1,39-56
Non ci soffermiamo quasi mai su un dettaglio importante. Si tratta di un versetto che, a prima vista, può sembrare soltanto redazionale. In realtà, apre la mente ed il cuore ad una profonda meditazione: «E l’angelo partì da lei» (Lc 1,38).
Siamo nella casa di Nazaret. Qui il Vangelo di Luca narra l’evento dell’Annunciazione. Qui è accaduto qualcosa di unico e di straordinario. C’è un annuncio portato da un messaggero celeste, c’è la risposta di un’umile ragazza. «Et verbum caro factum est» (Gv 1,14).
San Bernardo di Chiaravalle, in una celebre omelia, contempla l’attimo di sospensione fra chiamata e risposta. Immaginando d’essere presente, con la preghiera implora il “sì” di Maria: «Perché tardi? Perché temi? Credi all’opera del Signore, dà il tuo assenso ad essa, accoglila. […] Apri, Vergine beata, il cuore alla fede, le labbra all’assenso, il grembo al Creatore. Ecco che colui al quale è volto il desiderio di tutte le genti batte fuori alla porta. […] Levati su, corri, apri! Levati con la fede, corri con la devozione, apri con il tuo assenso. “Ecco”, dice, “sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto”» (Lc 1, 38). (Bernardo di Chiaravalle, Om. 4, 8-9; Opera omnia, ed. Cisterc. 4, 1966, 53-54)
Potremmo anche noi avere l’audacia di un intervento: lo potremmo fare immaginando di essere il lebbroso che implora guarigione, oppure il cieco di Gerico che domanda luce, oppure la peccatrice che chiede d’essere accompagnata ad una vita nuova. Col suo “sì” Maria introdurrà nel mondo colui che risana, che dà luce, che fa nuovi: Gesù Salvatore! Dio ha chiesto la collaborazione di Maria. L’angelo ha dato l’annuncio, ha recato a Nazaret il desiderio di Dio. Maria deve rispondere liberamente.
A volte ci chiediamo come fu l’Annunciazione. Fu una visione interiore che scosse la fanciulla di Nazaret? Fu irruzione di luce in quel “tugurio” (una povera casa palestinese)? Ci fu un lembo di Cielo che si è reso visibile?
Il racconto evangelico, da questo punto di vista, è assai laconico. Una cosa è certa: dopo quell’annuncio non ci sarà svolazzo di angeli su quella casa, né sul quotidiano di Maria. Ci fu, semmai, un quotidiano povero, umile, nascosto al mondo e tanto silenzio.
«E l’angelo partì da lei». L’incarico è adempiuto. Ma questa è soltanto cronaca? Il commiato dell’angelo impone una particolare attenzione. «L’angelo partì da lei», ma lo Spirito continuò ad agire in lei: la spinse ad attraversare le montagne, a raggiungere la “città di Giuda”, per soccorrere la cugina Elisabetta, per cantare la lode alle grandi opere di Dio. Soccorrere e cantare!
Anche noi siamo, almeno qualche volta nella nostra vita, sfiorati dall’angelo. Riceviamo un incarico, una chiamata, una missione, un dono della grazia, una luce, ma non possiamo fermare il momento che fluisce. Ci accade spesso di non riuscire a vivere “il passaggio”, ci chiudiamo nella “grande ora”, mentre esteriormente la vita continua. Corriamo il pericolo di fermarci su ciò che è avvenuto, come in un sogno, come in un nostalgico incanto, sorvolando sul presente. Oppure è il presente che ci travolge e ci fa smarrire quello che dovrebbe essere lievito della quotidianità.
A Maria riuscì “il passaggio”. Lo Spirito fece crescere in lei la Parola e il coraggio dei piccoli e grandi passi richiesti dalla sua vocazione.
Anche ai discepoli presenti all’evento della Trasfigurazione è successo di pensare «alle tre tende» (cfr. Lc 9,33). Gesù domanda loro di scendere dal Tabor, di fare “il passaggio”. È necessario il coraggio di riversare la “grande ora” nella prosaicità della vita e dell’agire quotidiano.
Che cosa fa Maria lungo la via? La domanda non porta a speculazioni pie. Maria, nella dedizione alla meta della sua via, guardò dentro se stessa, nella Parola che viveva e cresceva in lei. Maria pregò. Più volte il Vangelo ci ricorda che «Maria conservava tutte queste cose meditandole nel suo cuore» (cfr. Lc 2,19.51).
La meditazione può continuare sul tema della Visitazione. Maria va da Elisabetta a soccorrere, perché Elisabetta è incinta: una gravidanza ai tempi supplementari. In due versetti Luca, per quattro volte, usa la particella “verso”: un avverbio di moto che esprime concretezza, apertura, relazione, attenzione, fatica e, finalmente, la gioia incontenibile dell’incontro.
A ben vedere il testo evangelico non ci riferisce soltanto un episodio di cronaca famigliare e neppure solo un esempio di virtù: troppo poco per occupare uno spazio così centrale nel Nuovo Testamento. Maria è mossa dallo Spirito. È gravida di Gesù. Realizza il disegno del Padre. Tutta la Trinità è presente.
Quella visita va ben oltre la cortesia: è segno del Dio che visita il suo popolo. I Salmi e i profeti l’hanno implorato: «Oh se tu squarciassi i cieli e scendessi» (cfr. Is 63,19), «vieni, Signore, a visitare la terra» (cfr. Sal 64,10). Il tema della Visitazione sarà l’esordio della grande berakah (benedizione) di Zaccaria, appena riavuta la parola: «Benedetto il Dio d’Israele perché ha visitato il suo popolo» (cfr. Lc 1,68).
Il racconto evangelico della Visitazione è tutto incentrato e collegato con l’evento dell’Incarnazione del Verbo: Dio viene a salvare!
Allora si capiscono il sussulto del bambino di Elisabetta nel grembo, l’inondazione di Spirito Santo che avvolge la scena, il canto di Elisabetta che ricalca quello del racconto antico che saluta l’Arca dell’Alleanza trasportata nella città santa (cfr. 2Sam 6,1-15) e poi il saluto di Maria, nuova Arca dell’Alleanza!
Maria è andata a soccorrere Elisabetta in una città della Giudea. Solitamente viene individuata con il villaggio di Ain-Karim, sei chilometri a ovest di Gerusalemme. Ma la Vergine è andata anche a cantare la lode del Signore. Non c’è contrapposizione fra il soccorso e il canto, fra azione e contemplazione, fra servizio e preghiera.
Il canto del Magnificat mette al centro l’opera di Dio; l’Ancella ci indica dove guardare, dove deve indirizzarsi il nostro canto insieme al suo. Maria è tutta “fuori di se stessa”; lo sguardo è rivolto verso Dio. Nessun intimismo, ma consapevolezza della sua missione. Maria guarda l’opera di Dio e la sua visita all’umanità assetata di giustizia, di amore e tuttavia così provata dall’odio e dalle divisioni… Un testo rivoluzionario!
Preghiamo il Magnificat.