GIORNATA DELL’ABBRACCIO FRATERNO

Non tutti sanno che da qualche tempo si è costituito in Repubblica di San Marino un collegamento associativo tra persone affette dalla malattia di Parkinson e le rispettive famiglie: un’esperienza importante di aiuto reciproco, di apertura sociale e di crescita culturale nonostante le limitazioni che questa patologia impone.
L’Associazione Parkinson San Marino nasce aperta a tutti senza alcuna distinzione di appartenenza; tuttavia, ha nella fede cristiana uno dei motivi ispiratori.
Sabato 2 aprile alle ore 10 l’Associazione invita a partecipare ad una Santa Messa per i soci, le famiglie, ma anche per le istituzioni e i movimenti presenti sul nostro territorio: occasione per conoscere da vicino questa realtà, per preparare insieme la Pasqua e per una fervorosa preghiera per la pace: «Non stanchiamoci di pregare per la pace, o meglio: preghiamo fino a stancarci!».

Ufficio Comunicazioni Sociali
Diocesi di San Marino-Montefeltro

Invito dell’Associazione Parkinson San Marino

CINQUANT’ANNI DEL “RINNOVAMENTO NELLO SPIRITO”

Celebrazioni giubilari in Diocesi

Il movimento ecclesiale Rinnovamento nello Spirito (RnS) celebra il 50° anniversario della sua nascita (1972-2022). Un anniversario da celebrare con gratitudine per l’apporto che questo carisma ha dato e dà alla Chiesa proponendo una rinnovata esperienza dello Spirito Santo. Bella coincidenza: proprio quest’anno il Programma pastorale della Diocesi di San Marino-Montefeltro mette al centro la realtà dello Spirito Santo come anima della missione: “Con la forza del suo Spirito il coraggio di abbracciare il mondo”. Il movimento è presente in diverse parrocchie e si propone con una forte carica spirituale, un generoso slancio nella preghiera, una spiccata attenzione alla Parola di Dio, un significativo recupero dei doni carismatici, ma soprattutto costituisce una singolare forma di rinnovamento della vita e della missione della Chiesa.

In occasione dell’anniversario la Santa Sede (Penitenzieria Apostolica) ha concesso l’indulgenza plenaria nelle celebrazioni giubilari con la presenza e l’animazione dei gruppi del RnS nei luoghi dove si terranno (da lucrare alle solite condizioni: conversione, partecipazione ai sacramenti della Riconciliazione e dell’Eucaristia, preghiera per la Chiesa e il Papa). Il vescovo diocesano Andrea Turazzi ha stabilito che ogni volta – con congruo anticipo – si dia informazione a tutti i fedeli che vogliono partecipare a questi momenti di grazia. Il primo appuntamento giubilare si terrà domenica 20 marzo nella chiesa parrocchiale di Novafeltria (RN) alle ore 16.30.

L’attuale presidente del movimento, Salvatore Martinez, ha scritto: «Giungiamo al 50° anno della nostra storia e sentiamo il bisogno di “ricominciare”, di guardare avanti senza lasciare indietro nessuno: la pandemia non può avere la meglio sui nostri cuori, sui nostri spiriti, sulla volontà di tornare a pregare e a camminare insieme, a esperimentare la fraternità, “a fare” Cenacolo, Gruppo, Comunità. Inauguriamo, insieme, il nostro Giubileo d’Oro con una nuova “conversione comunitaria”: abbiamo davvero bisogno gli uni degli altri e il mondo ha bisogno di noi».

Catechesi per catechisti ed educatori

La CEER: pregare per la pace in Ucraina e accogliere i profughi

Comunicato stampa della Conferenza Episcopale Emilia Romagna

I Vescovi della Ceer, Conferenza Episcopale dell’Emilia-Romagna, come espresso nella riunione a Bologna il 7 marzo, presieduta da S. E. Card. Matteo Zuppi Arcivescovo di Bologna, partecipano «al dolore del popolo ucraino causato da una guerra che sta distruggendo città e paesi, con un numero crescente di morti, di feriti e di profughi».

La Ceer, aderendo all’appello di Papa Francesco a tutti i fedeli per innalzare una corale e continua preghiera per la pace, anche in comunione con le altre Chiese, invita «le Unità Pastorali, le parrocchie, le comunità religiose, le famiglie a gesti concreti di solidarietà nei confronti del popolo ucraino e dei Paesi confinanti verso cui si dirigono i profughi. Invita, inoltre, a favorire ogni azione, coordinata dalle Caritas diocesane dell’Emilia-Romagna in dialogo con i cappellani delle comunità greco-cattoliche ucraine, a favore dei profughi, il cui numero cresce sempre più, di giorno in giorno: dalla raccolta fondi alla disponibilità di appartamenti o all’accoglienza in strutture e in famiglie, con una particolare attenzione alle donne, alle madri con i loro figli».

I Vescovi della Ceer esortano, quindi, a un’accoglienza «ordinata e puntuale: seguendo le indicazioni delle istituzioni e a un particolare sostegno alle persone, soprattutto donne, e famiglie ucraine – oltre 33.000 – che vivono nella nostra regione, preoccupate e angosciate per i propri cari». E raccomandano le indicazioni prescritte e ricordano in merito che va data comunicazione entro 48 ore alla Questura dei nomi delle persone accolte, poi l’invio dei profughi alle strutture sanitarie dell’ASSL per il tampone e le vaccinazioni, e, subito dopo l’entrata in vigore del permesso di protezione temporanea, l’inizio delle procedure per regolarizzare la presenza e la tutela.

La Ceer, inoltre, informa che le Caritas diocesane dell’Emilia-Romagna rafforzeranno anche una relazione particolare con il Convento San Francesco a Sighet in Romania, che sta accogliendo numerosi profughi in fuga dall’Ucraina. E a questo scopo, nei prossimi giorni partiranno tre operatori della Caritas di Reggio Emilia per supportare il Convento nel lavoro di accoglienza. I Vescovi dell’Emilia-Romagna rinnovano la preghiera per la pace in Ucraina e l’appello ad accogliere i profughi e sottolineano che «preghiera e accoglienza camminano insieme e rafforzano la comune invocazione di pace che sale dalle chiese e dalle città perché cessi questa nuova, inutile strage».

Omelia nella II domenica di Quaresima

Uffogliano (RN), 12 marzo 2022

10° Anniversario della morte di don Agostino Gasperoni

Gen 15,5-12.17-18
Sal 26
Fil 3,17- 4,1
Lc 9,28-36

Questa sera ricordiamo con affetto e gratitudine il caro don Agostino nel decimo anniversario della sua morte. Portiamo nel cuore, come un testamento, il suo grande desiderio di farci amare le Sacre Scritture. Ci ha insegnato a pensare alla Parola di Dio come qualcosa con cui familiarizzare, perché non è riservata a specialisti, ma è per tutti.
Con questo spirito meditiamo la pagina evangelica di questa seconda domenica di Quaresima.
Il Vangelo della Trasfigurazione – lo dico quasi con uno slogan, ma contiene una verità profonda – è una parola che viene dal futuro, nel senso che ciò che accade sul monte Tabor è un’anticipazione di quella che sarà la “gloria” di Gesù. Gesù ne aveva bisogno, perché siamo nel punto centrale del Vangelo ed è un momento di svolta, di crisi. Le città del lago, la Galilea, non accolgono il suo messaggio e c’è ostilità nei suoi confronti. Gesù prova un momento di perplessità: proseguire il cammino o dire «cari amici, mi sono sbagliato»? Per questo Gesù sente il bisogno della preghiera, di mettersi in ascolto delle Scritture (stare con Mosè ed Elia) e fare discernimento.
Il racconto della Trasfigurazione si trova tra due preannunci della Passione. Gesù aveva ben chiaro qual era il suo cammino. Ed ecco che Gesù viene confortato, sente il Padre vicino a lui, con la conferma di essere nella volontà salvifica del Padre.
La Trasfigurazione è anche un avvenimento necessario ai discepoli, perché devono prepararsi a quello che vivranno a Gerusalemme: la cattura, il processo, la condanna e poi la crocifissione di Gesù. Questa è l’interpretazione che si dà solitamente dell’evento della Trasfigurazione.
Mi soffermo sul fatto che è proprio mentre Gesù è in questa crisi, in questa svolta problematica della sua vita, che accade la Trasfigurazione. È anticipazione e conforto per quello che accadrà: dopo la Passione ci sarà la Risurrezione, ma la gloria del Signore si manifesta già in questo frangente; ciò vale anche per noi, nei passaggi faticosi della nostra esistenza, della nostra vita interiore. Come a dire: non aspettare, non è dopo che, in modo consolatorio, vedrai la luce. Prova a vedere adesso in te la luce che il Signore ti dà e che dà senso anche al tuo quotidiano spenderti, donarti per la missione che il Signore ti ha affidato. Mi piace questa seconda interpretazione; sento che nella mia vita, nel mio cammino, ho bisogno di questa certezza: è la luce che mi guida e mi tiene desto; Dio è all’opera nella mia vita. Sono contento di vedere, negli incontri sinodali a cui partecipo, come le persone raccontano quello che Dio fa nella loro esistenza: la Trasfigurazione è adesso.
Nel mezzo di questo viaggio che stiamo percorrendo – non possiamo non fare un’allusione a quello che vive l’umanità, in particolare l’Europa, in questi giorni – c’è bisogno della manifestazione dell’amore del Signore, che renda bella la vita, anche quando si sente il costo della fedeltà. Nel donarsi c’è già la luce! Accade come nella noce: si vede una corteccia ruvida e dura da schiacciare, ma dentro c’è un frutto buono e salutare.
Andiamo anche noi con Pietro, Giovanni, Giacomo sul monte della preghiera. Che cosa accade? Mentre per l’evangelista Matteo il monte è un’allusione a Gesù nuovo Mosè, nel Vangelo di Luca il monte è il luogo della preghiera.
Innanzitutto, sul monte della preghiera c’è un incontro con Dio Padre. Si avverte la sua presenza per quella “voce”, che è il vertice del racconto. Luca non si dilunga sul fenomeno eclatante della Trasfigurazione, invece cede la parola alla voce del Padre: «Questi è il Figlio mio, l’amato; ascoltatelo!». Mi soffermo sulla raccomandazione: «Ascoltate lui; anche se lo vedrete tra poco crocifisso, è il Messia, colui che rivela il disegno straordinario di Dio, che non solo ha pensato gli uomini creandoli per la sua gloria, ma li salva, li vuole con sé».
La nube luminosa avvolge le persone che assistono alla scena. Tu, Pietro, con Giovanni e Giacomo, vuoi costruire una tenda per il Signore, ma è lui che ti copre con la sua nube: una tessitura tenue, che ti avvolge. Da una parte la nube copre, vela, ma dall’altra svela, fa capire la presenza di Dio. Penso alla nostra preghiera, a volte piena di consolazione, a volte nella prova: «Sto veramente parlando con te, Signore?».

Sul monte si vive l’incontro con se stessi. La preghiera rivela quello che sei, perché non hai bisogno di fingere, di mascherarti: Dio ti vede e tu devi arrenderti e saperti amato. Vi invito, in questa Quaresima, a coltivare la preghiera, a proteggere gli spazi per l’incontro con il Signore.

Nella preghiera c’è l’incontro con gli altri. Gesù ha detto: «Quando entri in preghiera, chiudi la porta della tua stanza e prega il Padre nel segreto» (cfr. Mt 6,6); è una raccomandazione a non pregare per farsi vedere, per esibizionismo. Ma la preghiera vera, autentica, è sempre uno spazio colmo di presenze, di volti, di amicizie. Spalanchiamo le porte e le finestre spirituali, perché, quando si è davanti a Dio, è inevitabile portare tanti fratelli. Chi prega non è solo. Permettiamo l’invadenza dei ricordi e delle persone: renderanno la preghiera più fervorosa; assomiglierà alla preghiera di Gesù, una triangolazione tra lui, il Padre e quelli che il Padre gli ha dato: «Erano tuoi, li hai dati a me e io Padre, prego per loro, anzi per loro io sacrifico me stesso, santifico me stesso» (cfr. Gv 17,6.9.19).
Questa settimana facciamo tornare nella nostra mente le immagini della Trasfigurazione del Signore, pensando che il Signore ci fa dono della sua presenza adesso, lungo il nostro cammino.

Omelia nella S. Messa per le Esequie di don Luigi Giannotti

Sartiano (RN), 12 marzo 2022

Is 25, 6a.7-9
Sal 22
Gv 14, 1-6

Anzitutto desidero, a nome di tutti, fare le condoglianze ai famigliari di don Luigi e dire grazie a tutti voi qui presenti. Non è vero che il sacerdote è senza famiglia! Oltre a quella naturale, carissima, ci siete tutti voi, quanti sono nelle parrocchie dove don Luigi ha svolto il suo ministero e i tanti amici che l’hanno avuto come direttore spirituale e confessore.
Don Luigi è nato 90 anni fa a Soanne. Ancora piccolo si è trasferito qui a Sartiano al seguito dello zio che era qui sacerdote. Il piccolo Luigi entrò in Seminario a Pennabilli, ha fatto gli studi ginnasiali e poi è passato al Seminario di Fano per il liceo e la teologia. Venne ordinato sacerdote proprio a Sartiano dal vescovo Antonio Bergamaschi, il 14 luglio del 1957. Appena ordinato sacerdote esercitò il servizio di Cappellano a Novafeltria, Talamello, Antico e Maiolo e in seguito andò come parroco a Molino di Bascio, Miratoio, Ca’ Romano e quindi Talamello. Ha lavorato per un periodo nell’archivio della Diocesi, dimostrando la sua passione per la storia locale (come sa chi l’ha conosciuto, conservava con cura anche piccoli ritagli di giornale). Ha concluso il suo servizio come Amministratore parrocchiale a Sartiano, sua parrocchia di origine, con la quale ha sempre mantenuto un rapporto di predilezione. Qui ha curato i lavori di restauro della chiesa, i restauri dell’organo e delle tele, di notevole pregio, presenti in chiesa. Nel contempo ha svolto il servizio pastorale anche nella parrocchia di Soanne. I parrocchiani di Sartiano lo ricordano come sacerdote ricco di fede e di umanità, apprezzato per le sue doti di servizio. Proprio nel periodo in cui ha fatto servizio a Sartiano e a Soanne l’ho potuto conoscere da vicino. Insieme abbiamo organizzato serate indimenticabili di lettura del Vangelo. Non gli pareva vero di trovarsi in cerchio con 30/40 persone disposte ad imparare l’alfabeto del Vangelo, parola per parola: quell’incontro si chiamava “Parola di vita”. In seguito, siamo passati alla lettura degli Atti degli Apostoli. Vivace, ironico e poi improvvisamente serio: temeva che il carattere esperienziale di questi incontri “narrativi” (si raccontava la propria vita alla luce del Vangelo) ci facesse dimenticare la dimensione veritativa: da qui le sue improvvise impennate… Ma era veramente felice!
Ricordo i suoi viaggi da un pendio all’altro della Val Marecchia, da Sartiano a Soanne, andata e ritorno… con Gesù Eucaristia in automobile con lui. I parrocchiani ricorderanno la sua uscita di strada con l’auto capovolta, quella mattina alle prime luci dell’alba… Dopo qualche ora passò un samaritano che scendeva sulla stessa strada… «Stavo con Gesù – ripeteva – ma lo smarrimento era tanto!». Certamente migliore come guida spirituale che come automobilista! Era cercato da tante persone per le Confessioni, metteva a proprio agio: mai un giudizio, sempre un incoraggiamento, un’accoglienza sorridente. Per un periodo fu incaricato del delicato ministero di esorcista diocesano.
Riascoltiamo le parole forti di Gesù: «Nella casa del Padre mio vi sono molti posti… vado a prepararvi un posto». C’è un posto che Gesù promette a ciascuno di noi: è per me. C’è un posto che Gesù assegna al suo sacerdote don Luigi. Il “posto” di cui Gesù parla non è un luogo in senso spaziale. Noi veniamo collocati – per così dire – nella “cubatura” dell’amore ricco di misericordia del Padre. Un luogo di cui Paolo scrive nella Lettera agli Efesini e di cui vorrebbe dire «la lunghezza, l’altezza e la profondità…» (cfr. Ef 3,18).
Cari amici, nel colloquio intimo della preghiera e nelle situazioni più svariate della vita, come di fronte a questa bara bianca, lasciamoci toccare dalle parole di Gesù, come se le sentissimo per la prima volta, perché riguardano noi che adesso siamo vivi: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede in me». Parole così opportune anche per quello che stiamo vivendo in questi giorni di ansia e di sofferenza.
Parole necessarie, per colmare le nostre solitudini… ma non è vero che siamo soli, perfino i capelli del nostro capo sono contati (cfr. Mt 10,30). «Io sono ancora con te» (cfr. Sal 138,18), dice il Signore, e come ci assicura nel Salmo: «Se dovessi camminare per una valle oscura, tu sei con me» (cfr. Sal 22).
Parole utili, per curare le nostre fragilità; ci distolgono dall’inconcludente ripiegamento su noi stessi, ci aiutano ad andare oltre le nostre fragilità.
Parole belle, per il tempo della nostra Pasqua, del nostro passaggio: il giorno sconosciuto, ma non lontano, della nostra morte.
Gesù ha indirizzato queste parole ai discepoli per prepararli al distacco da lui. Sono parole pronunciate per ciascuno di noi, lette chissà quante volte da don Luigi, come da noi sacerdoti per ogni commiato.
Permettete una sottolineatura, un dettaglio di straordinaria tenerezza e misericordia: Gesù sale al Padre, ma non prenota stanze all’inferno, perché non sa immaginarsi senza di noi, senza don Luigi.
Ognuno, riascoltando quelle parole, può dire: Gesù è andato a preparare un posto per me; mi aspetta nella sua casa; mi vuole con lui. Non gli basta l’esercito di angeli che sono nel cielo, l’assemblea candida dei martiri e delle vergini. Non gli bastano! Sentite le parole che il Signore pronuncia per ciascuna delle sue creature: «Se dovrai attraversare le acque, sarò con te… se dovrai passare in mezzo al fuoco, non ti scotterai […], perché tu sei prezioso ai miei occhi, perché sei degno di stima ed io ti amo» (cfr. Is 43,2.4). Ci incoraggia a guardare il Cielo come patria. La liturgia ci fa pregustare la compagnia degli angeli e dei santi in ogni Messa, al momento della conclusione del prefazio.
È una casa vera quella nella quale siamo attesi, luogo di intense relazioni, non un regno di ombre. Una casa bella, non meno di quella dove è tornato il figliuol prodigo, tra buona musica e danze (cfr. Lc 15,24-25). La casa nella quale il Signore stesso prepara «un banchetto di grasse vivande, un banchetto di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati, dove eliminerà la morte per sempre. Il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto» (cfr. Is 25, 6.8).
Permettete che legga una pagina di san Gregorio di Nazianzo, un grande maestro e padre della Chiesa. Mi sembrano molto opportune in questo momento: «Se non fossi tuo, o Cristo, sarei soltanto polvere. Mangio, dormo, cammino e sosto, mi assalgono senza numero brame e tormenti, cado e mi rialzo e torno a cadere, godo del sole e di quanto la terra fruttifica. Poi muoio e la mia carne diventa polvere, come quella degli animali, che non hanno peccati. Ma io che cosa ho più di loro? Nulla se non i peccati e Cristo. Se non fossi tuo, Cristo, sarei come loro, solo polvere» (San Gregorio di Nazianzo, 329-390).
Diciamo grazie al Signore, insieme, per averci dato don Luigi, per tutto il tempo che ce l’ha lasciato. Non è stato facile il distacco nell’ultimo periodo. Ricordo il giorno in cui sono andato in casa da suo nipote e da sua cognata per dire a don Luigi che sarebbe stato meglio si ritirasse.
Voglio dire grazie a chi lo ha assistito, in primis i famigliari, poi le persone della nostra Casa di Talamello. Voglio dire un grazie particolare a mons. Vicario, che gli ha fatto visita costantemente, a volte facendo il braccio di ferro con chi dirigeva la struttura (in questi anni non era consentito andare per le restrizioni anti-Covid).
Lo affidiamo alla misericordia del Signore che l’ha amato e l’ha fatto suo sacerdote.

Gruppo sinodale sul tema della donna

“QUALE POSTO PER LA DONNA NELLA CHIESA DI OGGI?”

Dopo la serata in vista della Giornata internazionale della donna con la dott.ssa Paola Bignardi sul tema: “Quale posto per la donna nella Chiesa di oggi?”, la riflessione continua martedì 15 marzo alle ore 20:45 su piattaforma Zoom (ID Riunione: 871 7468 0180; Passcode: 498612) con l’esperienza di un “Gruppo sinodale” sul medesimo tema. Federica Achilli, per la Commissione diocesana di Pastorale Sociale, guiderà l’incontro che sarà coordinato dalla Referente diocesana del Cammino Sinodale, Lara Pierini, attorno alle seguenti domande:

    1. Come pensate di poter rendere più bella l’esperienza della vostra comunità cristiana?

Qual è il vostro sogno di Chiesa?

    1. Quale contributo possono dare le donne per rendere la comunità cristiana accogliente,dialogica, calda?Tema attualissimo, interessante per tutti!
      Questo il link per connettersi all’incontro sinodale:

      https://us02web.zoom.us/j/87174680180?pwd=NU16d0FySFdkMGpmWElKWEpHMGZ4dz09

Omelia nella I domenica di Quaresima

Novafeltria (RN), 6 marzo 2022

Incontro con gli Scout di Rimini

Dt 26,4-10
Sal 90
Rm 10,8-13
Lc 4,1-13

Delle tentazioni di Gesù scrivono gli evangelisti Marco, Matteo e Luca, ognuno di loro sottolineando aspetti diversi. Marco non dice esplicitamente l’oggetto della tentazione, non riporta il dialogo con il “tentatore”, perché preferisce indicare qual è in sostanza il tema della tentazione. Gesù è stato colmato dall’effusione dello Spirito durante il Battesimo ricevuto da Giovanni Battista. La sua umanità è piena della fragranza dello Spirito e si è udita la voce che ha accompagnato il gesto: «Questo è mio figlio, l’amato, nel quale ho posto la mia gioia» (cfr. Mc 1,11). Fatto questo, Gesù viene spinto dallo Spirito nel deserto per metterlo alla prova proprio su questo: «Sei figlio? Ti senti amato? Ti senti in compagnia? Allora puoi affrontare il deserto». Un po’ come era capitato al popolo di Israele: aveva oltrepassato le acque del mar Rosso, si può dire che era nato dalla rottura di queste acque, ha fatto l’esperienza di essere figlio, popolo generato da Dio, ma deve ancora passare attraverso molte prove: «Sei sicuro che Dio ti sta guidando? Sei proprio sicuro che lui è con te? Non senti tutto il pericolo di questo deserto? Cos’è tutta questa costruzione ideale?». Il popolo d’Israele è stato provato da queste tentazioni e il tempo del deserto, quarant’anni, è servito per interiorizzare, metabolizzare, la certezza che era un popolo generato dal Signore. Il deserto verrà poi considerato come il tempo del fidanzamento. Gesù fa lo stesso percorso.

L’evangelista Matteo colloca così le tentazioni: la prima nel deserto, la seconda sul pinnacolo del tempio di Gerusalemme, l’ultima su un monte altissimo. Matteo ha una particolare sottolineatura riguardo a Gesù come nuovo Mosè.

In Luca ci sono due particolari su cui mi soffermo: sono dettagli, ma dietro ci sta qualcosa che può aiutare la nostra vita in questo periodo. Primo dettaglio. Luca – come ho detto – ha un ordine diverso delle tentazioni: la prima è nel deserto, nella pianura, la seconda sul monte e l’ultima, la più grande, a Gerusalemme. Questo dettaglio è importante perché nel Vangelo di Luca Gerusalemme è il punto d’arrivo del cammino di Gesù ed è il punto di partenza dell’evangelizzazione. È proprio lì che avviene la prova decisiva; quella che è narrata nel Vangelo di oggi è l’anticipo, l’allusione a quella che verrà «nel momento stabilito».
Il secondo dettaglio riguarda l’ultimo versetto del Vangelo di Luca: «Il diavolo, dopo aver esaurito ogni tentazione…». Questa traduzione non rende bene, sarebbe piuttosto: «Il diavolo, dopo aver “arrotolato” la tentazione… per “srotolarla” al momento giusto». E qual è il momento giusto? Quando torna in scena il diavolo (se non personalmente, per interposta persona)? Quando Gesù è inchiodato sulla croce. Prima sono i capi del popolo, che incominciano a dire: «Se sei il Figlio di Dio, vieni giù dalla croce» (Mt 27,40). Poi, entrano i soldati che gli porgono una spugna imbevuta di aceto e anche loro ripetono: «Se sei il Figlio di Dio, facci vedere…» (cfr. Lc 23,37). Uno dei due ladroni inchiodati accanto a Gesù dice: «Se sei Figlio di Dio, salva te stesso e anche noi» (cfr. Lc 23,39). Immaginate se Gesù si fosse staccato dalla croce? Tutti avrebbero esultato, ma a noi un Gesù così non sarebbe stato d’aiuto. Come faremmo adesso a vivere le nostre prove? Gesù è rimasto fedele al disegno che il Padre aveva stabilito per lui. Il suo modo di essere Messia è “essere come noi”, per provare esattamente quello che proviamo noi, anche il dolore innocente. Questo fa grande impressione; viene da proclamare con convinzione le parole del Salmo responsoriale: «Resta con noi, Signore… nel momento della prova».
Siamo in un grande momento di prova. Anche nelle nostre famiglie si discute, si litiga, persino sul tema della pace. C’è chi pensa in un modo, chi in un altro. Come vivere questo momento?

  1. Guardiamo il crocifisso: Gesù, fedele fino in fondo, non estrae la bacchetta magica per staccarsi dalla croce: supera la tentazione.
  2. Preghiamo. A volte ci assale la tentazione: ne vale la pena? Ci ascolta il Signore? Durante la guerra nei Balcani lanciai l’iniziativa “time-out” per la pace, che prevedeva la preghiera per la pace ogni giorno alle ore 12. Come sapete, la guerra scoppiò e andò malissimo. Un giovane mi chiese perché il nostro “time-out” non era stato efficace. Ero andato in chiesa a pregare e mi aveva preso questo sentimento: «Figurati se il Signore ascolta proprio me!». Non aveva ascoltato Madre Teresa di Calcutta e Giovanni Paolo II… Questo pensiero, di per sé innocuo, mi creò un grande abbattimento. Mi aiutò un ricordo di famiglia. Mia mamma si preoccupava – sono il sestogenito – che tutti noi fratelli ci sentissimo amati allo stesso modo. Aveva molta cura per mio fratello paraplegico, che era missionario in Congo e veniva a casa ogni 3 o 4 anni; in quelle occasioni si faceva grande festa e le veniva il timore che noi ci sentissimo amati meno. Questo pensiero mi aiutò a risolvermi: «Signore, tu ascolti anche la mia voce, forse anche più di quella di Madre Teresa perché sono più piccolo». Invito a non demordere nella preghiera, a non stancarsi di pregare, anzi, a pregare fino a stancarsi. Tenere le mani alzate per la pace.
  3. Le guerre, le tensioni, sono frutto di un tessuto umano che porta alla sopraffazione, alla violenza. Creiamo un sociale diverso, cominciamo con l’essere artigiani della pace. L’artigiano ha cura dei particolari, è perseverante. Poi, fare la pace. Cominciamo col lanciare messaggi positivi, di riconciliazione, alle persone con le quali siamo in difficoltà. Un canto polifonico dice: «In tempore iracundiae factus est reconciliatio (nel tempo dell’ira è diventato riconciliazione)» (Sir 44,17). Così prepariamo un’umanità diversa.

Ognuno di voi ha un grappolo di persone che gli sono affidate: quanta responsabilità, quanto lavoro abbiamo davanti per creare un sociale di pace!
Infine, essere persone di pace: essere persone pacificate, che sanno vivere bene i conflitti; persone che comunicano speranza perché l’hanno dentro.
Auguro che lo siate tutti: è la mia preghiera per voi.

Preghiera per la pace e accoglienza

Sabato 5 marzo alle ore 14 nella chiesa parrocchiale di Borgo Maggiore (Salita Ugolino da Montefeltro 4 – RSM) il Vescovo Andrea prega per la pace insieme alla Comunità Ucraina presente in Diocesi. Sarà presente don Viktor Dvykalyuk, cappellano per i fedeli ucraini cattolici di rito bizantino. L’invito ad unirsi – spiritualmente perché lo spazio è limitato – è stato diffuso a tutte le comunità.
Scrive il Vescovo Andrea: «Non stanchiamoci di pregare, o meglio, preghiamo fino a stancarci!».
La Caritas diocesana – in collegamento con Caritas internationalis – ha aperto una sottoscrizione (cfr. riferimenti allegati), mentre la Diocesi, attraverso la stessa Caritas, ha messo a disposizione delle autorità strutture per la prima accoglienza profughi.
Domenica 6 marzo la preghiera per la pace prosegue in tutte le Messe. Si rilancia l’accorato appello di Papa Francesco: «Tacciano le armi […]. La gente comune vuole la pace; in ogni conflitto è la vera vittima, che paga sulla propria pelle le follie della guerra».

Ufficio Comunicazioni Sociali
Diocesi San Marino-Montefeltro