Pellegrinaggio sui passi del Santo Marino

All’interno della Festa di San Marino, patrono della Diocesi e della Repubblica, sabato 2 settembre, con partenza da Poggio Torriana (località Santo Marino) alle ore 9.30, si percorrerà in preghiera la seconda tappa del Cammino del Santo Marino (circa 20 km) per arrivare alla Basilica del Santo intorno alle ore 18. Alle ore 14.30, dopo la sosta per il pranzo al sacco, il pellegrinaggio riprenderà da Acquaviva (RSM). All’arrivo in Basilica il Vescovo Andrea impartirà la benedizione alla Diocesi e alla Città con la reliquia del Santo.

In serata, alle ore 21, i giovani si riuniranno per la celebrazione eucaristica, presieduta dal Vescovo, che segna l’inizio del loro cammino annuale. Insieme, accompagnati dal santo Marino.
La Penitenzieria apostolica ha concesso l’indulgenza plenaria ai fedeli che percorreranno con devozione il pellegrinaggio alla Basilica, unitamente alle condizioni richieste dalla Chiesa.

I festeggiamenti continueranno domenica 3 settembre con la Solenne Celebrazione, presieduta da S.E. Mons. Andrea Turazzi, in Basilica alle ore 10, alla presenza degli Ecc.mi Capitani Reggenti.

Omelia nella XX domenica del Tempo Ordinario

Eremo di Carpegna (PU), Santuario della Madonna del Faggio, 20 agosto 2023

Camminata del Risveglio

Is 56,1.6-7
Sal 66
Rm 11,13-15.29-32
Mt 15,21-28

La pagina del Vangelo che abbiamo sentito proclamare dal diacono è sorprendente. Gesù ci appare piuttosto severo: non un Gesù “da santino”! Da questo episodio scaturiscono due temi di riflessione e di preghiera.

  1. L’annuncio del Vangelo non ha frontiere. Anche se non appare immediatamente dal racconto dell’evangelista Matteo, Gesù dà una spallata al muro che avrebbe potuto rinchiuderlo nei confini della Palestina.
  2. Gesù presenta una donna straniera, cananea, pagana come maestra di preghiera: una preghiera audace, quasi un braccio di ferro con Gesù (sembra che “converta” Gesù!).

Matteo scrive per tutti e il suo Vangelo risuona in tutto il mondo. Tuttavia, si rivolge ad una comunità concreta: la comunità siro-fenicia (le città di Tiro, Sidone, Antiochia…). Ecco perché, fra i ricordi che ha custodito nel cuore, va a recuperare proprio questo avvenimento, che ha pertinenza ed è contestuale alle problematiche dei cristiani che abitano quel territorio e sono destinatari diretti del suo Vangelo.
Nella comunità serpeggia una tensione: ci sono cristiani che vengono dall’ebraismo, che hanno alle loro spalle la storia di Israele, le Sacre Scritture, le leggi, gli insegnamenti dei rabbi, la circoncisione… Tutto un mondo che ha preparato la venuta di Gesù, pronto ad accoglierlo. Però, in quella comunità ci sono anche cristiani che non hanno questo retroterra religioso, etnico e culturale, ma ugualmente affascinati dal Vangelo, desiderosi di viverlo.
Gesù esce dalla terra di Israele e incontra una donna straniera, cananea, pagana che va davanti a lui con il suo tesoro: la sua bambina.
La prima forma della preghiera è andare al Signore con quello che abbiamo e sentiamo nel cuore. Gesù sembra ignorarla. La donna lo chiama con titoli cristologici raffinati: «Figlio di Davide…». E per due volte il Vangelo annota che si prostra davanti a Lui. Segue una sorta di “braccio di ferro” con Gesù. «Non è cosa buona dare il pane dei figli ai cagnolini», le dice Gesù. La donna replica con umiltà e con coraggio: «Hai ragione, non sono ebrea; sono cananea, pagana, straniera, però anche i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola». Allora Gesù esclama: «Non ho mai visto una fede così grande!».
Si capisce l’importanza dell’episodio per i destinatari di Matteo che ritenevano che il Vangelo fosse appannaggio di chi aveva fatto il percorso di iniziazione completo. La legittimazione e le condizioni per essere di Gesù sono… la fede! «Donna, è grande la tua fede. Il tuo desiderio sarà esaudito». E la sua bambina viene liberata dal male.
Invito tutti a rinnovare l’atto di fede, personalmente e insieme: «Gesù crediamo in te!». Non era intenzione di Gesù fare il guaritore “a gettoni”; si scansava da questa aspettativa; sapeva che aveva una missione, quella che il Padre gli aveva indicato: raccogliere anzitutto le pecore smarrite di Israele. Dopo la Pasqua, gli apostoli ricordano l’uscita di Gesù al di là dei confini della Palestina, “nelle periferie”: ed è proprio là (ad Antiochia), che, per la prima volta, i discepoli sono stati chiamati “cristiani” (cfr. At 11,26).
Sul monte della risurrezione Gesù proclamerà: «Andate in tutto il mondo, annunciate il Vangelo ad ogni creatura». Nello Spirito di Gesù e col Salmo proclamiamo: «Popoli tutti, lodate il Signore. Ti lodino i popoli, o Dio, ti lodino i popoli tutti. Ci benedica Dio, lo temano tutti i confini della terra».

Pellegrinaggio in Terra Santa

“Sui passi di Gesù”: è l’invito che il Servizio Diocesano Pellegrinaggi ci rivolge. Si tratta di un’esperienza richiesta da tanti.

Il periodo è quello natalizio: un’opportunità in più per i giovani studenti e per chi lavora nel mondo della scuola. Per tutti è il tempo in cui celebrare il mistero dell’Incarnazione.

Qui in Terra Santa Dio si è preparato un popolo come custode della sua promessa di salvezza (liberazione). Qui il Signore si è scelto una fanciulla di Nazaret come mamma. Qui Gesù ha camminato proclamando il Regno di Dio. Qui ha condiviso tutto di noi per offrirci tutto di Lui. Da qui è partita la prima scintilla che ha acceso nel mondo la fraternità universale.

Mentre sottoscrivo questo caloroso invito si celebra la festa di un simpatico santo napoletano: Alfonso Maria de’ Liguori (il compositore del canto popolare “Tu scendi dalle stelle”). Mi sovviene un suo pensiero un po’ ironico: «Ci sono cristiani che fanno lunghi viaggi e affrontano pericoli e disagi per andare in Israele e tornano orgogliosi di portare a casa un po’ di polvere raccolta sul luogo della Natività o qualche altra reliquia… Ma qui, nelle loro chiese, hanno ben altro: hanno Gesù Cristo, vivo nell’Eucaristia».

Sant’Alfonso ha ragione, ma è proprio per l’amore a Gesù che di Lui vorremmo sapere e conoscere tutto; vorremmo contestualizzare le sue parabole e le sue parole; vorremmo sostare con Lui nel Cenacolo e nella locanda di Emmaus; vorremmo riempire gli occhi e il cuore del suo mare, delle sue montagne e del suo cielo.

+ Andrea Turazzi

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“Oltre le etichette. Dialogo aperto sull’omosessualità”

Domenica 27 agosto alle ore 21 presso il monastero delle Agostiniane di Pennabilli si terrà la presentazione del libro dell’amico don Francesco Silvestri: “Oltre le etichette. Dialogo aperto sull’omosessualità”, edito dall’editrice Ancora.

Il libro è il frutto della ricerca dottorale in teologia morale di don Francesco, durata anni, su un argomento che interroga la nostra umanità e perciò la Chiesa.

La malattia ha fatto sì che don Francesco non completasse il suo lavoro, ma non ha impedito che il libro vedesse la luce. Don Rinaldo Ottone, che interverrà alla serata, ne ha curato con passione e competenza la pubblicazione.

La preparazione  di don Francesco nel campo della psicologia e della teologia morale gli ha permesso di fare un’esplorazione originale, capace di raccogliere istanze già note e di aprire ulteriori piste di riflessione. Si ha così l’occasione di beneficiare di un contributo che certamente porterà luce alla comprensione, in ordine all’incontro e al confronto.

Camminata del Risveglio

Anche quest’anno si terrà la Camminata del Risveglio: domenica 20 agosto. “Dovrà essere un momento gioioso e bello di “risveglio” della nostra fede”.

Salendo insieme da San Marino, dai borghi e dai paesi del Montefeltro e della riviera verso il Santuario della Madonna del Faggio sul monte Carpegna, si vivrà un’esperienza di fede, si offrirà una testimonianza di speranza e si ritroverà la consapevolezza di essere un popolo che rinsalda vincoli di amicizia.

L’esperienza del pellegrinaggio ripropone un aspetto fondamentale della vita come cammino e della vita della Chiesa come sinodo: le proposte di preghiera e di riflessione avranno questa intonazione. Quest’anno una intenzione speciale sarà per le vocazioni, in particolare al sacerdozio e alla vita consacrata.

Ogni partecipante prepari l’incontro con la Madonna per rinnovarle l’atto di amore filiale e per rivolgerle con fiducia le richieste che in questo momento urgono nel cuore, quelle che sono necessarie alla vita e alla missione della Chiesa e alla società. Chi può si incamminerà a piedi nella notte, chi non può salirà con i propri mezzi. Appuntamento alle ore 9:30 sui prati del Carpegna, presso la “grande croce”. Dopo l’ascolto della testimonianza, avremo la gioia di avere con noi un gruppo di giovani dell’Azione Cattolica.

Alle ore 10.30 Solenne Eucaristia all’ombra dei faggi e, a seguire, processione con l’immagine della Madonna sui prati dell’Eremo.

Tutti invitati!

Omelia nella Solennità dell’Assunzione di Maria

Soanne (RN), Lago di Andreuccio, 15 agosto 2023

Ap 11,19; 12,1-6.10
Sal 44
1Cor 15,20-26
Lc 1,39-56

Nella speranza di non scandalizzarvi vi confido un pensiero di ieri. Guardando l’agenda, ho visto che avevo tre momenti molto belli in questa giornata di ferragosto: stamattina qui al lago, insieme con voi, nel meraviglioso tempio del Creato; alle 11.15 la Messa solenne nel Santuario della Madonna delle Grazie di Pennabilli; nel pomeriggio a Pieve Corena (vicino a Chiesanuova – RSM). Tre appuntamenti desideratissimi, ma con una preoccupazione: della Madonna non si dice mai abbastanza («de Maria numquam satis», diceva san Bernardo) e non si esaurisce mai quello che si deve dire di lei. Ma, per onorare la Madonna, mi piacerebbe poter dire qualcosa di originale. Sono andato un po’ in crisi: sono 9 anni che vengo con voi qui al Lago e ogni volta ho cercato di dire una parola nuova… Cosa dire questa volta?
Mi sono aiutato in questo modo. Innanzitutto, quello che conta non è dire “cose nuove” (anche se ce ne sono: basta navigare su Google o sfogliare enciclopedie, o lasciarsi ispirare da arte, musica, letteratura), ma dire con novità del cuore le cose di sempre, con la partecipazione profonda di noi stessi.
Mi fermerò su due punti.
Nessuno di noi dubita dell’amore di Dio. Ma ci sono momenti di disgrazia o di prova nei quali discutiamo col Signore e ci viene da assumere un atteggiamento polemico con lui. Poi, pian piano, si rientra nell’accoglienza della sua volontà che, a volte, ci appare misteriosa. Qualche altra persona – è capitato anche a me – non avendo il riscontro di qualcuno che voglia bene, davvero si domanda: «Dio è proprio vicino?». La percezione della prossimità di Dio passa anche attraverso l’amicizia, l’amore delle persone che abbiamo attorno. Una persona che non ha avuto un’infanzia bella, che non ha gustato l’amore di una mamma o di un papà si chiede: «Da dove vedo che Dio mi ama?». In realtà Dio ci ama immensamente e nel suo disegno ha previsto, per ciascuno di noi, un amore materno, una carezza femminile: ha scelto Maria, una donna, per farci sentire la sua tenerezza. Ripeto: noi sappiamo che Dio ci ama immensamente, che è tenero verso ciascuno di noi, ma ha voluto donarci una presenza così umana e tangibile: la prossimità di Maria.
Questa mattina un caro amico, un collega, mi ha confidato che, durante la lettura di un libro che documenta le apparizioni di Maria (la Chiesa è molto prudente nell’approvazione dei fenomeni soprannaturali, ma poi li riconosce se sono autentici), ha sentito fortemente che Dio ha voluto che accanto a noi ci fosse questa presenza e questa tenerezza. Dio ha affidato questo ministero di maternità alla Madonna. Quando è avvenuto? Il Venerdì Santo, ai piedi della croce, Gesù dice alla Madonna: «Madre, ecco tuo figlio», indicando Giovanni. E a Giovanni dice: «Ecco tua madre». «E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa» (Gv 19,26-27). Prendiamo anche noi Maria a casa nostra, perché Dio gli ha affidato questa missione, questo ministero. Grandezza di Maria!
Un’altra suggestione che incoraggia la nostra preghiera ce la offre san Bernardo di Chiaravalle. San Bernardo, commentando l’Annunciazione, crea una sorte di sospensione del tempo fra le parole dell’Angelo e la risposta di Maria. In quella sospensione implora il “sì” di Maria. Possiamo fare così anche noi, immaginando entrino in scena il lebbroso, che incoraggia Maria a dire il suo “sì” perché, se non lo dice, lui non sarà guarito; poi Maria di Magdala che dice: «So di essere peccatrice, ma se tu, Maria, dirai il tuo “sì”, sarò redenta… Possiamo immaginare, nella preghiera, che entrino via via tutti i personaggi del Vangelo e con loro anche noi: «Maria, di’ il tuo “sì”, non indugiare, non farti condizionare dalla tua umiltà; abbiamo bisogno della tua audacia». La preghiera ha di questi ardimenti. Possiamo confidare a Maria il nostro essere peccatori, il peso dei limiti, l’ansia per le preoccupazioni, il nostro grido del cuore… «Maria, se dici “sì”, Gesù viene a salvarci».
Gesù è venuto, diciamo grazie alla fanciulla di Nazaret, Maria.

Omelia nella XIX domenica del Tempo Ordinario

Pennabilli (RN), Cattedrale, 13 agosto 2023

Festa per i 100 anni di mons. Mansueto Fabbri

1Re 19,9.11-13
Sal 84
Rm 9,1-5
Mt 14,22-33

Cent’anni di solitudine (cfr. G.G. Marquez, Cent’anni di solitudine, 1967). Macché solitudine! Don Mansueto celebra cent’anni di compagnia, di incontri, di volti, di amici.
Parafrasando il brano evangelico, vedo nella vicenda umana e spirituale di don Mansueto un’analogia con il cammino dell’apostolo Pietro. La colgo nelle preghiere che sgorgano dal cuore e dalle labbra dell’apostolo. Sono due. Pietro le ha pronunciate a qualche minuto l’una dall’altra, ma fra la prima preghiera e la seconda, c’è un abisso: non tanto le profondità del lago di Galilea, ma le profondità dell’esperienza spirituale. Pietro chiede a Gesù di camminare sull’acqua come fa lui. Allo stesso modo don Mansueto si è lanciato al seguito di Gesù, con entusiasmo e fiducia. Erano anni difficili: la povertà, la guerra, i disagi, le distanze, le strade… Un vero camminare sull’acqua. «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te camminando sull’acqua». Don Mansueto, come Pietro, ha guardato Gesù e ha chiesto, in fondo, una cosa spettacolare… E spettacolare – davvero! – è stato il cammino di don Mansueto nella nostra Chiesa, sotto gli occhi di tutti, sotto gli occhi di noi pennesi, per quasi cinquant’anni: prima da seminarista, poi da segretario del Vescovo e ancora da parroco.
E viene il tempo della seconda preghiera, la preghiera nella fragilità. È un semplice grido di un uomo che riconosce di non bastare più a se stesso. È la preghiera più bella, più vera, più necessaria. «Signore, salvami!». La mano di Gesù afferra la mano di Pietro: fate attenzione a questo particolare. Negli anni dell’attività pastorale, nell’Azione Cattolica, nel Cammino neocatecumenale, nelle esperienze forensi, don Mansueto ha offerto mani e piedi, cuore e intelligenza al Signore per essere sua presenza. Ora è Gesù che tende la sua mano all’amico e lo stringe forte perché le onde dell’ignoto, dell’oscurità, non lo turbino. Gesù, in fondo, stende la sua mano per una “questione di cuore”. Nella pagina di Vangelo che precede immediatamente quella proclamata dal diacono in questa liturgia l’evangelista ci fa assistere ad un miracolo strepitoso: sulle rive del lago Gesù sfama cinquemila uomini, senza contare donne e bambini (cfr. Mt 14,21); qui, nella barca e nell’oscurità, avviene un prodigio per “questioni di cuore”. Il primo, la moltiplicazione dei pani e dei pesci, miracolo indispensabile e utilissimo, il secondo, la mano tesa all’amico, sembra un miracolo inutile, fine a se stesso. Dichiaro tutta la mia simpatia per questo miracolo “inutile”, perché c’è tutta la dinamica della vita di fede e don Mansueto la testimonia.
Vale anche per noi: dalla paura alla fiducia, dal dubbio alla fede, dalla perplessità alla dossologia (lode). E Gesù dice: «Vieni!». Lo dice a me, lo dice a don Mansueto, lo dice a tutti. E le tempeste e le onde della vita? Tutte occasioni per crescere nella fede e nell’intimità con il Signore Gesù.

Due giorni, un sol giorno

5-6 agosto 2023

“Casa Italia” è il quartier generale della nostra spedizione, un angolo d’Italia nel centro di Lisbona. Vi dimorano, dal 23 luglio, quindici operatori della pastorale giovanile italiana guidata dall’amico don Michele Falabretti, così tutti lo considerano (il cardinal Zuppi scherzosamente lo chiama “il nostro corazziere”). Chi ha seguito in tv la serata della “Festa degli italiani” venuti alla GMG (i 65.000!) lo ricorderà per l’abilità con cui è intervenuto dando alla serata un colpo d’ala. Don Michele è animatore di una équipe coesa e intelligente, a servizio della pastorale italiana per i giovani. Di “Casa Italia” parlo con suor Armanda, amatissima e sempre sul pezzo. A lei è stato affidato anche il coordinamento dei vescovi italiani partecipanti, oltre un centinaio. “Casa Italia” segue l’accoglienza dei pellegrini sui diversi luoghi, cura il collegamento con i media, tiene i contatti con gli hotel e gli spostamenti. È un lavoro che esige collaboratori. Da “Casa Italia” passano i gruppi: c’è chi domanda informazioni, chi porta gli inevitabili problemi e inconvenienti… Con l’équipe della pastorale giovanile si sono preparati anche una ventina di volontari a tempo pieno, una preparazione avviata da mesi. Chiedo a suor Armanda come questi volontari possano partecipare alla GMG se sono così occupati. «Partecipano eccome – precisa suor Armanda –, il loro è un vero e proprio pellegrinaggio, anche senza la gratificazione dei grandi eventi. La loro GMG è accoglienza, abbraccio, sostegno a tutti». Mi è bastato fermarmi questa mattina per un paio d’ore per rendermi conto del passaggio di gente e gruppi. C’è posto per tutti, c’è un pasto caldo per chi viene da fuori e c’è persino un medico sempre a disposizione. Suor Armanda mi confida la sua gioia e l’esperienza di complementarietà che, come religiosa, sperimenta in seno alla pastorale giovanile, «che è ben più di un Ufficio, ma un cuore pulsante». Oggi da “Casa Italia” è passato l’ambasciatore italiano presso il Portogallo con signora. L’appoggio delle istituzioni è sicuramente utile e talvolta indispensabile.
Siamo tutti proiettati verso la Veglia che si terrà su una grande spianata fuori Lisbona, il parco Tejo, in grado di ospitare la folla di giovani che sta ingrossando in questi ultimi giorni (si parla tranquillamente di un milione e mezzo di ragazzi). Non è stato semplice per i nostri ragazzi raggiungere il parco: già dalla tarda mattinata si sono messi in strada per sistemarsi poi con stuoini, sacchi a pelo, teli e coperte termiche: 8/10 km a piedi con una temperatura in aumento tra una fiumana di gente (tre ore). Lo spazio riservato ai nostri è lontano dal palco, settore C04: terra battuta a ridosso di una rete di confine. Si sistemano. Sullo sfondo il ponte Vasco de Gama (18 km, uno dei ponti più lunghi) sul fiume Tejo. Lì per lì scambio la foce del fiume per il mare…
Immagini da esodo: cammino in massa verso una terra promessa. Il settore era noto, un problema azzeccare il varco! «Non c’è erba!»: è la prima constatazione. Terra nuda. Il sole è infuocato. Si gioca a fare capanne con i teli per proteggersi. Pensi che il vento che sta per alzarsi porti refrigerio, ma è come un phon. Si alza una polvere che incipria cose e persone.
Un’attesa di sei-sette ore intercalata da musica e canti, incontri con altri giovani, scambi di gadget… È sorprendente come anche in queste situazioni i ragazzi sappiano prendere le cose sportivamente. Dopo lo smarrimento del primo momento, tanta solidarietà, amicizia, allegria e… ricerca dei wc. Dimenticavo: e la cena? Cena, colazione e pranzo (per il giorno dopo) offerti in un unico contenitore dall’organizzazione. Menù non facilmente identificabile (omogeneizzati, salse, marmellate e pane dolce). E tanta acqua… Un grido: «Passa il Papa!». Sono ormai le venti. Un’ora dopo inizia la Veglia. Partecipare non è facile, ma si crea silenzio. Si segue con radiolina e telefono. Chi passa di lì avverte che si prega. C’è l’essenziale. Il grosso camion parcheggiato ad una ventina di metri (il camion che portava la refezione) toglie per buona parte la visibilità del maxischermo.
Sul palco una danza che è preghiera. Il tema è il cammino: cammino da fare insieme, cammino non esente da cadute, cammino che fa rialzare e cammino verso…
La musica non è colonna sonora, ma è protagonista, messaggio, preghiera. Vengono proposte melodie solenni, ma anche semplici e arriva l’Eucaristia, un pane consacrato collocato dentro una raggiera dorata e davanti un milione e mezzo di giovani e poi un grande silenzio che fa di tanti cuori un solo cuore: ti adoro, ti amo, ti rendo grazie, ti chiedo perdono, ti chiedo grazie… La preghiera ha di queste vibrazioni.
Lascio immaginare il dopo… cioè la notte, con le manovre per disporsi a dormire sotto le stelle. In alcuni ragazzi le batterie funzionano ancora, ma poi si scaricano del tutto. Si dorme.
Il risveglio in quell’angolo del settore C04 è traumatico: una scarica di musica tecno a tutto volume. Verrà poi identificato il disgraziato dj a cui è stato affidato questo servizio: un prete statunitense. Poi la ricerca di una fontanella, la fila ai wc chimici e la liturgia del buon giorno.
È da poco spuntato il sole su questa che sarà una giornata memorabile. Papa Francesco ritorna, scortato dalle guardie del corpo, ma soprattutto – pensiamo – dalla forza che il Signore gli sta dando: il Papa ha 86 anni compiuti, poco più di un mese fa ha subito un importante intervento chirurgico, soffre anche fisicamente per l’impotenza contro la guerra… Eppure, si conferma in gran forma. In questi giorni ha tenuto una decina di interventi e discorsi, quasi un’enciclica portoghese. Non abbiamo potuto sentire gli altri discorsi: agli universitari, ai giovani ammalati a Fatima, ecc.
Con i colleghi vescovi ci stiamo preparando e indossiamo i paramenti (casula e mitria ci vengono dati in dono). Chiedo ad una gentilissima volontaria portoghese di accompagnarmi al famigerato “C04”. «Permesso, scusa, grazie»… così ci facciamo largo per fare l’attraversamento. Ci vorrà un’ora circa. Emozionante per me rivedere i nostri ragazzi e gustare le loro premure e cortesie. Incomincia la Messa, introdotta dal coro che ci sta accompagnando in tutti i momenti di preghiera. Siamo in attesa dell’omelia del Papa nella Festa della Trasfigurazione.
Papa Francesco ci offre tre parole che sintetizzano il messaggio della Trasfigurazione, festa della bellezza, festa della bellezza più bella: Gesù Cristo!
Brillare, ascoltare, non avere paura: è con queste parole che ripartiamo dal parco Tejo e ci organizziamo per il rientro. Sono trascorsi due giorni, ma è come un giorno solo. Ancora non sappiamo i commenti della stampa nazionale e internazionale su questo evento. Non abbiamo visto servizi televisivi e radiofonici, ma portiamo la nostra personale testimonianza, la ricchezza di questa esperienza internazionale e un incontro speciale con Gesù, come accaduto ai discepoli di Emmaus. Non importa la stanchezza.

+ Andrea Turazzi

Omelia nella Trasfigurazione del Signore

6 agosto 2023

Dn 7,9-10.13-14
Sal 96
2Pt 1,16-19
Mt 17,1-9

Festa della Trasfigurazione del Signore: cuore dell’estate. La liturgia ci suggerisce di abbandonare per un attimo la lettura continuata del Vangelo di Matteo, andando a cercare, al capitolo 17, l’avvenimento sorprendente che ha riempito di stupore e di gioia gli apostoli, fino a dichiarare la loro disponibilità a restare lì sul monte per sempre.
È festa della bellezza. La bellezza è proporzione, misurazione, equilibrio, armonia, dove le parti si integrano con il tutto. Ma soprattutto la bellezza è ciò che stupisce, meraviglia e piace. Ed è gratuità.
Il Vangelo ci porta a considerare la bellezza di Gesù, ma anche quella dei cristiani. Paolo li descrive così: «Voi siete luce» (Mt 5,14) o li invita a “rivestirsi di luce” (cfr. Rm 13,14), proprio come appare Gesù nella Trasfigurazione, «splendente come il sole» e con le vesti «candide come la luce».
Entriamo nella comprensione più profonda di questa pagina in cui si intrecciano i temi della Pasqua: da una parte la luce della risurrezione, lo splendore della vittoria di Gesù, e dall’altra l’amara croce, la Passione. Troviamo effettivamente tanti elementi che ci portano a collegare la Trasfigurazione con l’esperienza della Pasqua, dove si rivela la messianicità di Gesù: Gesù, il Messia, l’atteso, che finalmente si manifesta nel suo splendore.
Il motivo per cui Gesù è su quel monte, il monte Tabor secondo la tradizione, in realtà è una ritirata strategica. In quei giorni si sta celebrando la festa delle capanne, che in Israele, a Gerusalemme soprattutto, segna l’apogeo dell’esaltazione collettiva. Si tratta di giorni di manifestazioni e talvolta di autoproclamazioni di messianicità da parte di qualcuno. Gesù si defila: non vuole che venga fraintesa la sua messianicità. Il collegamento tra Trasfigurazione e Pasqua appare chiaro attraverso tanti particolari, ad esempio, la voce del Padre, che Matteo raccoglie e trasmette nel Vangelo: «Questi è il Figlio mio, l’amato». E poi concluderà dicendo: «Ascoltatelo!». È, in fondo, l’incipit del primo carme messianico, quello del Servo sofferente, che indica di quale messianicità si tratta. Poi, il fatto che Gesù chiama con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e di lì a poco li chiamerà nel Getsemani, nella sua ora di agonia. Inoltre, il monte della Trasfigurazione fa pensare al monte delle Tentazioni, dove il diavolo cerca di stornare Gesù dal progetto che il Padre gli ha assegnato. Ma il monte è anche quello della risurrezione e dell’invio missionario, alla fine del Vangelo di Matteo, quando Gesù dirà: «Ogni potere mi è stato dato…». E poi, benché dubbiosi, li invia a portare l’annuncio della risurrezione e della Pasqua a tutte le genti.
Gesù si è trasfigurato. C’è una metamorfosi improvvisa di bellezza che genera stupore ed estasi. Tuttavia, Pietro fa una gaffe quando dice: «Signore, facciamo qui tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia» (Mosè ed Elia erano, infatti, comparsi con Gesù). Pietro confonde quella che è la Trasfigurazione con la Festa delle Capanne, ma soprattutto, chiedendo di fare tre tende, accomuna Gesù a Mosè e ad Elia, mentre invece, alla fine del brano, Matteo sottolineerà la solitudine di Gesù. Gesù è solo dal punto di vista storico-salvifico: solo lui è il Signore, lui solo il Salvatore. Ma c’è anche la solitudine umana e dolorosa di Gesù. La Trasfigurazione sta inclusa fra due momenti in cui Gesù preannuncia agli apostoli la Passione. La Trasfigurazione, inoltre, è attigua alla confessione di Pietro. Gesù chiede che cosa pensi la gente di lui e gli apostoli risponderanno: «Ti pensano come Mosè, come Elia redivivo, come un grande profeta…». E Gesù dirà: «Ma voi chi dite che io sia? Chi sono io per voi?». Pietro risponderà per tutti con quella confessione che non può venire da lui: «Tu sei il Messia, il Figlio del Dio benedetto». Pietro, che ha fatto questa confessione, è scioccato al pensiero che Gesù scende dal monte con loro, lui solo, incamminato verso la Passione. Pietro e gli altri fanno fatica a comprendere il messianismo di Gesù.

Concludo con un pensiero particolare per le persone che, durante questa estate, stanno soffrendo molto, a causa degli incendi e del maltempo. Penso a tutti coloro che non hanno l’opportunità di fare qualche giorno di vacanza, a quelli che consentono a noi di fare qualche esperienza di riposo e di svago… Chi riesce a fermarsi dagli impegni quotidiani, dedichi un po’ di tempo a lasciarsi educare dalla bellezza, salendo sui monti del nostro territorio, lasciandosi sorprendere da un’alba sulle rive del mare, ma anche tuffandosi nell’arte… La bellezza più bella è Gesù. Proponiamoci di entrare in confidenza con lui, di stare con lui, di trovare nell’angolo della preghiera il raccoglimento per gustare, come Pietro, Giacomo e Giovanni, la sua bellezza.

I ragazzi pregano

4 agosto 2023

La mattinata è dedicata alla proposta del sacramento della Riconciliazione. Voglio proprio vedere come i giovani reagiranno. Ancora una volta si preferisce coinvolgerli per sentire da loro cosa pensano e come vivono il sacramento della Confessione. Diversi i sentimenti che raccolgo: timore, incertezza, imbarazzo, soggezione, inquietudine… Ma c’è anche chi aspetta questo momento. C’è chi si avvicina alla Confessione alla ricerca di un dialogo: apprezza la conversazione con un prete preparato e umano, accarezza l’idea di essere capito e giustificato. C’è chi ha ancora un’idea infantile della Confessione e quindi avverte la sua inutilità, adesso che è grande, pensando che si vanno a ripetere sempre le stesse cose, senza mai cambiare. C’è tra i ragazzi chi si pone domande più profonde e radicali: perché il perdono di Dio attraverso un uomo? Possibile che basti un gesto, tutto sommato così semplice, per cancellare persino un delitto? La Confessione è stata realmente voluta da Cristo o è un’invenzione della Chiesa? Non sarebbe più semplice e più maturo riparare il male di cui si è responsabili, direttamente, senza una mediazione rituale? Anch’io, come loro, mi scandalizzo, non lo nascondo, per l’arroganza mafiosa, per l’ingiustizia, per l’umiliazione dei deboli, per la falsità sfacciata e subdola, per la mancanza di rispetto degli altri. Arrossisco e soffro per gli scandali nella Chiesa… Provo a dare qualche risposta: sono il vescovo catechista. Alla fine, una ragazza simpatica e schietta mi dice che è soddisfatta solo un pochino e fa il gesto col quale si chiede il caffè ristretto! Ribadisco: tutti abbiamo bisogno di misericordia, di perdono. La tentazione di denunciare la pagliuzza nell’occhio del fratello anziché la trave che è nel proprio è sempre in agguato.
Siamo una dozzina di preti a disposizione per i 250 giovani a noi affidati. Non so che cosa accade: mi hanno chiuso nella cappella del fonte battesimale. Non vado oltre… La Confessione è un momento segreto. Alla fine, imparo che tanti ragazzi hanno vissuto questo momento con serietà e serenità (ci saranno anche altri momenti per accostarsi alla Riconciliazione).
Oggi pomeriggio siamo stati introdotti in uno dei grandi eventi, tra i più attesi, la Via Crucis. Come ieri, il Papa arriva in grande anticipo per salutare i giovani che riempiono il grande parco “Eduardo VII”. Ce ne accorgiamo sentendo le grida festose che scoppiano dove papa Francesco sta passando. La Via Crucis comincia con due momenti di grande silenzio. È impressionante il silenzio di 500mila giovani: assordante! Silenzio dopo la prima domanda del Papa: «Io piango, qualche volta? Ci sono cose nella vita che mi fanno piangere?». Silenzio dopo la seconda domanda: «Ciascuno di noi pensi alla propria sofferenza, pensi alla propria preoccupazione, pensi alle proprie miserie. Non abbiate paura, pensateci. E pensate al desiderio che l’anima torni a sorridere».
Il Papa ha aperto la Via Crucis ricordandoci che Gesù ha camminato. Ha camminato molto per asciugare lacrime, per sanare, per perdonare… Gesù cammina. Cammina oggi, accanto a ciascuno di noi.
Il palco è una grande struttura. Ieri mi chiedevo se fosse un edificio in costruzione, con tanto di impalcatura e scalette. Adesso capisco: è stato pensato anche per la Via Crucis. La croce dovrà passare da un piano all’altro, da una stazione all’altra, in verticale. Un gruppo di giovani ballerini si passano la croce arrampicandosi. Il cammino è tutto in salita, come è stato per Gesù, come è per tanti giovani di oggi. Ad ogni tappa una meditazione. C’è molta commozione. Scenografia avvincente, testi profondi. Non c’è solo spettacolarità, ma anche raccoglimento. Il Papa segue la Via Crucis da un monitor che gli è stato messo davanti. Un’ora e mezza di preghiera… con la vita. Non solo lacrime, ma anche risurrezione. I ragazzi pregano. Chiedo qualche impressione ai miei colleghi vicini. Uno mi dice: «Delicatezza e poesia per descrivere la realtà di vita dei giovani». Qualcuno sottolinea la stazione dedicata alla Veronica, dai volti ben curati – i giovani confessano di dare molta importanza all’immagine – ma al di là dei quali c’è un mondo tutto da scoprire e da conoscere. Amare è lasciarsi attrarre dal volto dell’altro, spesso un volto sfigurato come quello di Gesù. Un altro collega è rimasto molto colpito dalla stazione del Cireneo. «Il Cireneo – sottolinea l’arcivescovo di Milano – è uno costretto, non è come diciamo noi di solito, che va spontaneamente, poeticamente». Sta ad indicare ai giovani le tante cose che devono vivere, che capitano, piaccia o non piaccia. Croci da portare… Poi, vicino a me c’è monsignor Michele di Sulmona. Mi dice: «Che tenerezza la scena della deposizione di Gesù: le ballerine, come la Vergine, stringono un fagotto in cima alla struttura e pian piano t’accorgi che quel fagotto è il loro bambino. C’è tanta delicatezza, tanto amore e tanta cura». Davvero i ragazzi pregano.

+ Andrea Turazzi