21 maggio – Ha parlato per mezzo dei profeti

Simone e Giuda Taddeo, che non si vedono nella Pala se non attraverso alcuni particolari, come ho già spiegato, ci hanno raccontato come nella Pentecoste abbiano sentito di rivivere l’esperienza della creazione, così come la narra la Bibbia, quando lo Spirito come uragano e potenza aleggiava sul caos primitivo e dava vita a tutto ciò che palpita nell’universo. Poi, Filippo e Andrea hanno paragonato l’effusione dello Spirito Santo al soffio di Dio che ha infuso l’anima nell’uomo dopo averlo plasmato con la polvere della terra, dando inizio ad un rapporto personale tra l’uomo e lo Spirito, che in Gesù – secondo quanto ci ha narrato Andrea – si è pienamente manifestato. Gli apostoli vanno componendo un puzzle dal quale emerge la figura dello Spirito Santo.
Ora vorremmo sentire i due apostoli che stanno in seconda fila: Giacomo di Alfeo detto il Minore, che è vicino a Maria, e Matteo. Di Giacomo conosciamo la parentela con Gesù (viene detto di lui che era cugino del Signore, per questo è dipinto accanto a Maria, sua zia) e la leadership che ha presso i cristiani provenienti dal giudaismo. Mentre Pietro e gli altri apostoli andranno in terre lontane, Giacomo rimarrà ad animare i cristiani provenienti dal giudaismo, concentrati soprattutto in Palestina e in Gerusalemme. Giacomo è saldamente ancorato alla tradizione antica, ebraica. Per questo gli Atti degli Apostoli accenneranno ad uno scontro che avrà con altri apostoli: insiste che i convertiti dal paganesimo, prima di essere cristiani, si facciano ebrei, sottoponendosi al segno della circoncisione. Poi la questione si risolse. Giacomo fu molto generoso con il Signore donandogli tutto, fino al martirio. Probabilmente è proprio di Giacomo una Lettera scritta con uno stile così ricco ed elegante, che ha fatto supporre agli studiosi l’attribuzione ad altra persona.
«Io – scrive Giacomo nella sua Lettera – vedo la promessa dello Spirito Santo dentro la nostra tradizione. Lo Spirito Santo, infatti, era presente nel momento della chiamata del nostro padre Abramo; era presente nei sogni del santo patriarca Giuseppe, nel roveto ardente che bruciava senza consumarsi davanti a Mosè e, soprattutto, nelle vicende dell’esodo, evento fondatore del nostro popolo, quando, sotto forma di una colonna di fuoco, ci guidava verso la terra promessa, e sotto forma di nube, ci proteggeva dai dardi infuocati del sole del deserto».
«Lo Spirito – continua l’apostolo Giacomo – ha parlato per mezzo dei profeti: solo così essi hanno potuto trasmettere i messaggi di Dio e hanno saputo alimentare la speranza del popolo con l’attesa di un Messia liberatore. È dallo Spirito, poi, che è venuta a noi la Sapienza: pura, pacifica, mite, arrendevole, piena di misericordia e di buoni frutti, senza parzialità, senza ipocrisia. Ricordate lo Spirito che scese sui settanta anziani – siamo ancora nel contesto dell’esodo – compresi i due che non erano presenti alla riunione e che Mosè invitò a collaborare con lui per il servizio al popolo? Ricordate l’episodio del profeta Eliseo che ottenne, per la sua fedeltà, di ricevere in eredità i due terzi dello Spirito che era su Elia?». «Lo Spirito Santo – conclude Giacomo il Minore – dobbiamo rintracciarlo, inseguirlo, nella storia del nostro popolo».

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Propongo, come impegno per domani, di offrire buoni consigli a chi ci chiede aiuto, invocando lo Spirito Santo. Non sottrarci a questo servizio, perché lo Spirito Santo, sceso in noi nel Battesimo, ci dà la capacità della Sapienza.  Continuiamo il gioco del “prediletto” della Madonna nella nostra famiglia.

20 maggio – Persona

Ascoltiamo Andrea, l’apostolo che condusse a Gesù Pietro, suo fratello, e presentò il fanciullo che aveva i cinque pani d’orzo e i due pesci per la moltiplicazione. È lui che insieme a Filippo porta gli stranieri all’incontro con Gesù. Dunque, la caratteristica di Andrea è quella dell’accompagnamento a Gesù.
«Filippo vi ha parlato dello Spirito – ci dice Andrea – che vive in ciascuno e vivifica l’anima immortale infusa dal Creatore in ogni uomo». «Io – continua l’apostolo Andrea – vivendo con Gesù per ben tre anni, ho capito che lo Spirito Santo non è semplicemente una forza o un’entità ma una persona viva, un Tu verso il quale Gesù si è rivolto, un Tu che ama, che ascolta, che suggerisce, che vuole e che si dona. L’ho capito osservando il rapporto che Gesù stabiliva con lo Spirito Santo e il rapporto che lo Spirito Santo aveva con Gesù, un rapporto personalissimo e sempre in crescendo (mi riferisco a Gesù in quanto uomo, perché come Verbo, Seconda Persona della Trinità, non ha mai abbandonato la Trinità)».
«All’inizio del ministero pubblico – ci dice Andrea – Gesù si fece battezzare da Giovanni nel fiume Giordano. Durante quel Battesimo – dicono i Vangeli concordemente – lo Spirito Santo scende visibilmente sull’umanità di Gesù. Da quel momento è chiaro che lo Spirito ha preso posto in Lui. Ho visto l’umanità di Gesù come un vaso nel quale veniva versata la fragranza e il profumo indicibile dello Spirito che, poco a poco, lo pervadeva, lo impregnava di sé. Subito dopo lo Spirito sospinse Gesù nel deserto per lottare contro Satana; lo Spirito Santo mi è parso come un allenatore che prepara il suo atleta per il combattimento. Dopo quaranta giorni di preghiera e digiuno Gesù affronta il nemico e lo vince».
Poi ancora: «Gesù si lascia condurre dallo Spirito nella sinagoga di Nazaret in giorno di sabato. Tutti conosciamo come si sono svolti i fatti: Gesù entra, si alza in piedi, prende i rotoli della Scrittura e, mosso dallo Spirito Santo, docile allo Spirito Santo, manifesta la chiarezza della sua vocazione. Lo Spirito Santo è all’origine della vocazione messianica di Gesù. Gesù apre il rotolo del Libro nel quale sta scritto: “Lo Spirito del Signore è sopra di me; mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista, per rimettere in libertà gli oppressi, predicare un anno di grazia del Signore”. L’intimità di Gesù con lo Spirito è la molla di tutta la sua vita e della sua attività messianica, realizzazione piena della sua vocazione».
Non solo. La conversazione che Gesù ha con lo Spirito Santo è sorgente di gioia. C’è un momento in cui Gesù sbotta in un inno di giubilo: «Io ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, che hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli». Gesù si riferiva a noi, ma era lo Spirito che gli dava la gioia. Indicando noi, infatti, intendeva dire che non c’erano sapienti o nobili o potenti, ma solamente dei piccoli.
«Torniamo alla metafora del vaso», suggerisce l’apostolo Andrea. «La conversazione, la fedeltà e la comunione di Gesù con lo Spirito Santo, che l’ha accompagnato in tutta la sua vita, ha fatto sì che la fragranza dello Spirito lo abbia impregnato totalmente, al punto che Gesù diventa tutto questo profumo, tutto amore, tutto dono di sé, tutto simpatia, gioia e forza». «Un giorno – dice Andrea – quel vaso si sbriciolò, si disciolse (è l’umanità di Gesù) e diventò tutto Spirito, datore di vita, liberando la forza e la fragranza che era in lui». Del resto – conclude l’apostolo Andrea –, non poteva essere che così: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici”». L’evangelista Giovanni, che era presente alla morte in croce di Gesù, ci racconterà ogni cosa, svelandone il senso profondo.

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Nella giornata di domani propongo di lasciarci accompagnare, come Gesù, dallo Spirito Santo. Vivere la giornata con lui. Continuiamo il gioco del “prediletto” della Madonna nella nostra famiglia.

19 maggio – Anima dell’anima

Diamo la parola ai due apostoli che portano un nome greco: Filippo e Andrea. Vengono dalla Galilea, territorio di confine, luogo di incontro fra culture diverse: ebraica, ellenistica e fenicia. Per la loro provenienza possono fare da intermediari tra Gesù e i lontani. Il Vangelo ci racconta che un giorno dei greci sono andati da Gesù, lo volevano incontrare, ma non osavano: forse erano intimiditi (ma Gesù non credo facesse soggezione); o forse avevano paura di farsi vedere (parlare col Maestro era compromettente); probabilmente non conoscevano l’aramaico, la lingua parlata da Gesù. Filippo e Andrea conoscevano il greco e si offrirono come interpreti: Filippo andò a dirlo ad Andrea e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. Dopo questa concitata anticamera finalmente quei greci furono ammessi al colloquio con Gesù.
Filippo è l’apostolo che fa a Gesù una domanda decisiva durante l’Ultima Cena, quando dice: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». Gesù gli risponderà: «Filippo, da tanto tempo sei con me, non hai capito che chi vede me, vede il Padre?».
Ascoltiamo Filippo: «Quando Dio creò l’uomo lo plasmò con polvere dal suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente». L’alito di vita non è altro che una effusione dello Spirito Santo. Ogni uomo che viene al mondo è animato dal Soffio di Dio, direttamente. Questa verità è stata intuita anche dal mondo greco e dai suoi filosofi. Dunque, lo Spirito Santo è uno Spirito effuso dall’inizio nell’uomo.
Alcuni filosofi dicevano che l’anima è come una scintilla divina, una luce immortale che tiene vivo il corpo. A sua volta, questa scintilla è imprigionata nel corpo, come in una caverna, ed è causa di una divisione, un dualismo, che ognuno di noi sperimenta psicologicamente, tra la carne e lo spirito.
L’esistenza di un principio spirituale è stata intuita anche dai poeti: «Stirpe divina noi siamo», hanno scritto. Per questo, forse, i greci hanno raffigurato i poeti come ciechi, per dirci che sanno vedere l’invisibile e che «l’essenziale non si vede bene che con il cuore», come dirà uno scrittore moderno.
«La tua esposizione, Filippo, è molto chiara. Lo Spirito Santo è dentro di noi, è quella scintilla divina che ci è stata comunicata. Però, molti hanno smarrito la dimensione spirituale: c’è chi ha una cura eccessiva per il corpo e non sa andare al di là del benessere fisico; c’è chi non ha alcuna cura dell’anima e delle virtù che la rendono nobile; c’è chi disprezza la vita fisica sottoponendola a dura prova e non crede più che ha origine nello Spirito di Dio: per questo uccide, non rispetta il corpo o lo esibisce senza pudore. Alcuni pensano che la vita sia esclusivamente nelle loro mani: decidono la soppressione di un essere umano nel grembo della madre o sul letto di ospedale quando è ammalato o vecchio, pensando di compiere un atto di pietà o di coraggio. Agli uomini del nostro tempo occorre gridare di nuovo il vangelo della vita. La vita è un dono di Dio, sempre; la vita, nella sua radice più profonda è un raggio dello Spirito. La vita è splendore di Spirito Santo, segno della sua presenza nell’uomo.

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Per la giornata di domani propongo questo pensiero: non contristare lo Spirito Santo che vive in ciascuno di noi e nel prossimo. Vivere la giornata sempre in accordo con Lui dentro di noi.
Continuiamo il gioco del “prediletto” della Madonna nella nostra famiglia.

18 maggio – Di Lui è impossibile parlare impossibile tacere

Diamo precedenza alle due figure di apostoli che la Pala non è riuscita a conservare. Dell’ultimo apostolo, a destra per chi guarda, si intravvede il ginocchio: è in atteggiamento di venerazione e di preghiera. Del penultimo si vede appena il profilo del volto: ambedue le figure sono invisibili ma presenti. Anche se mancassero completamente, la loro presenza sarebbe rivelata dalla simmetria con cui è stata disegnata la Pala: sei figure a destra, sei a sinistra e Maria nel mezzo.
Alcune figure sono identificabili da alcuni elementi iconografici, come ad esempio Pietro che ha in mano le chiavi. Delle altre saremo noi a dare il nome. Cominciamo, per così dire, a dialogare con ciascuno di loro. Iniziamo con l’ultima figura, Simone, che Luca chiama Zelota, forse perché aveva militato nel gruppo antiromano degli Zeloti e soprannominato invece Cananeo dagli evangelisti Marco e Matteo. Gli chiedo: «Nella esperienza di effusione dello Spirito Santo avvenuta a Pentecoste, hai riconosciuto una realtà già sperimentata?».
«Sì – mi risponde –, le Scritture parlano dello Spirito di Dio: uno Spirito forte, creatore, luminoso, come una cascata di acqua, come un vento gagliardo… Se tu parli greco, Spirito si dice pneuma e indica la dimensione immutabile e più elevata dell’uomo, ma anche quella più astratta ed invisibile, l’anima. Se parli ebraico, Spirito si dice ruach, che significa letteralmente uragano, tempesta, potenza irresistibile.
Gli dico: «Parlaci delle pagine che anticiparono la rivelazione dello Spirito Santo secondo l’istruzione che hai ricevuto in sinagoga?».
Simone continua: «Ci sono tre passi della Scrittura che mi hanno sempre colpito: il primo versetto della Genesi, dove è scritto: «Il Ruach di Dio aleggiava sulle acque primitive e crea, traendo dal nulla, il cosmo; il Salmo 104,  dove il poeta canta al Signore: «Se mandi il tuo Spirito tutto è creato, se lo ritiri tutto si spegne»; e, infine, un terzo passo, tratto dal Libro di Giobbe nel quale Eliud dice: «Lo Spirito di Dio mi ha creato e il Ruah dell’Onnipotente mi dà vita.»
Interpello ora l’altro apostolo, appena visibile sulla Pala: è Giuda Taddeo o Giuda di Giacomo. È lui che, nell’Ultima Cena, si rivolge a Gesù dicendo: «Signore, com’è accaduto che devi manifestarti a noi e non al mondo?». In quella circostanza Gesù gli risponde che l’autentica manifestazione di Dio è riservata a chi lo ama ed osserva le sue parole. Dell’apostolo Giuda conserviamo anche una lettera. Lo coinvolgiamo nel dialogo. Dice: «È difficile, è drammatico: dello Spirito è impossibile parlare ed è impossibile tacere al tempo stesso».
«Perché?», gli chiedo. E lui: «È impossibile parlare dello Spirito perché non è un oggetto su cui si possa fare un’inchiesta, un’indagine. Anzi, è lì, invisibile, a ricordarci imperiosamente che Dio è mistero, trascendenza. Davanti a Dio s’impone un casto silenzio! Ma dello Spirito è anche impossibile tacere perché, dopo l’umile ammissione della propria insufficienza, non si può non riconoscere gli effetti del suo passaggio.
Senza di lui Dio è lontano, il Cristo resta nel passato, il Vangelo è lettera morta, la Chiesa una semplice organizzazione, l’autorità una dominazione, la missione propaganda, l’agire morale una imposizione da schiavi. «Nella mia Lettera – continua l’apostolo – ho descritto lo squallore di una vita che non accoglie lo Spirito: nuvola senza pioggia portata via dai venti; albero di fine stagione senza frutto, due volte morto, sradicato; onda selvaggia del mare che schiuma le sue brutture; astro errante al quale è riservata la caligine della tenebra in eterno. Ma voi, o carissimi, – conclude – custodite il vostro edificio spirituale sopra la vostra santissima fede, pregate mediante lo Spirito Santo e conservatevi nell’amore di Dio».

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Nella giornata di domani ripetiamo più volte l’esercizio di invocare lo Spirito Santo: «Vieni, Spirito Santo!», specialmente prima delle attività più impegnative.
Continuiamo il gioco del “prediletto” della Madonna nella nostra famiglia.

17 maggio – La manifestazione dello Spirito Santo

La Pala che stiamo contemplando, dopo il clima di attesa che ci ha lasciato intuire, finalmente ci mostra l’avvenimento: i Dodici sono in atteggiamento orante e di sereno stupore. Quando venne il giorno della Pentecoste, erano riuniti tutti insieme nello stesso luogo. All’improvviso si sentì un rumore dal cielo, come quando tira un forte vento e riempie tutta la casa dove si trovavano. Allora – scrivono gli Atti degli Apostoli – videro qualcosa di simile a lingue di fuoco che si separavano e si posavano sopra ciascuno di loro. Tutti furono riempiti di Spirito Santo e si misero a parlare in altre lingue, come lo Spirito concedeva loro di esprimersi.
Ma che sanno gli ospiti del cenacolo dello Spirito Santo? Ricordano appena quello che Gesù aveva detto cinquanta giorni prima, durante l’Ultima Cena, nei “discorsi di addio”. Come ebrei osservanti che cosa potevano sapere dello Spirito Santo?
Dobbiamo chiarire.
L’Antico Testamento taceva la realtà personale dello Spirito Santo, vi alludeva soltanto. Dunque, gli apostoli non conoscevano nulla di Lui fino a quel momento. La rivelazione piena dello Spirito Santo è avvenuta soltanto attraverso le parole di Gesù, nella Pentecoste e nella vita della comunità cristiana dei primi tempi. Dio – noi lo confessiamo con gratitudine e fede – è Padre, Figlio, Spirito Santo. Un solo Dio in tre Persone, uguali e distinte. Così ci ha insegnato la Tradizione teologica: è la nostra fede.
I nomi delle tre divine Persone sono spesso sulle nostre labbra. Li pronunciamo più volte al giorno facendo il segno della croce sulla nostra persona, toccando la fronte, il petto, la spalla sinistra, la spalla destra e congiungendo le mani: la Trinità su di noi. Viene in mente l’abbraccio che fa trasalire la sposa del Cantico dei Cantici: «Il suo braccio sinistro è intorno al mio collo, con il destro mi abbraccia». Una tradizione patristica dice che il Padre è l’amante, il Figlio l’amato, lo Spirito Santo il bacio.
Gli ospiti del cenacolo nulla potevano sapere dello Spirito Santo, ma adesso cominciano a farne esperienza. Eppure, lui c’era già e già aveva agito in loro, dall’istante del loro concepimento. Fortificava la loro crescita ed era su di loro quando imparavano la Torah in sinagoga. Fu lo Spirito Santo, ignaro ospite nel loro cuore, che ispirò il generoso «sì» a Gesù che li chiamava alla sequela.
Lo Spirito Santo, non rivelato ancora, era già presente nella storia del loro popolo, nei grandi eventi della storia e nella vita di ogni persona.
Nelle serate che seguono propongo – per rendere più facile la presenza dei bambini – di immaginare una sorta di intervista alle persone raffigurate sulla Pala; ci rivolgeremo a ciascuno degli apostoli e con loro faremo una lettura delle pagine della Bibbia che, in qualche modo, alludono allo Spirito Santo, in modo da conoscere di più la Terza Divina Persona.

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L’impegno per domani è: fare bene il segno della croce, non per abitudine, ma con il trasalimento di sapersi abbracciati dalla Santissima Trinità: Padre, Figlio, Spirito Santo.  
Continuiamo il gioco del “prediletto” della Madonna nella nostra famiglia.

16 maggio – In attesa della Pentecoste

Il nostro cammino parte dal Cenacolo. Maria è con noi in attesa della discesa dello Spirito Santo. Dalla sera del Giovedì Santo, e forse anche da prima, il gruppo di Gesù era solito trovarsi in quella sala grande, al piano superiore, munita di tappeto e tutta pronta.  Lì Gesù aveva istituito l’Eucaristia. Nel cenacolo avverranno le apparizioni riferiteci da Luca e da Giovanni (quella senza Tommaso e quella con Tommaso). Gli Atti degli Apostoli raccontano che i discepoli, dopo l’Ascensione di Gesù, si erano riuniti assidui e concordi nella preghiera insieme ad alcune donne e con Maria, la Madre di Gesù e con i fratelli di lui nel Cenacolo; questo per esplicito comando di Gesù, che ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme e di attendere che si compisse la promessa del Padre, «quella – disse – che voi avete udita da me: Giovanni ha battezzato con acqua, voi invece sarete battezzati in Spirito Santo, fra non molti giorni» . L’attesa durò dieci giorni, dall’Ascensione alla Pentecoste. Giorni intensi, guidati da Pietro che organizza riunioni, propone un’inchiesta e prende l’iniziativa di sostituire il dodicesimo apostolo (Giuda che si era tolto la vita) con Mattia, tirato a sorte. Sono giorni di spiritualità, caratterizzati dalla preghiera, da premure e da relazioni di amicizie, ma soprattutto animati da Maria, la Madre di Gesù.
Dobbiamo sottolineare, all’inizio di questo percorso che sarà guidato dalla figura della Pala della Pentecoste che ci accompagna in questo mese di maggio, alcuni particolari. Il gruppo dei discepoli è vigilante in attesa dello Spirito Santo. La Pala della Pentecoste che vediamo riprodotta ci dà piuttosto l’idea dell’evento che dell’attesa; infatti, porte e finestre sono spalancate, i volti raggianti sono illuminati dallo Spirito, che appare sotto forma di colomba. Ma dobbiamo presupporre e rivivere a nostra volta quella attesa. Riflettiamo sull’attesa, l’attesa dello Spirito Santo. Ci sono due modi sbagliati di attendere. Quello di chi sfugge la vigilanza che l’attesa comporta (attendere vuol dire vegliare, essere all’erta); succede quando ci si sottrae ad un appuntamento. Si manca all’appuntamento con lo Spirito Santo quando si resta nell’ignoranza di lui, quando non lo si ama, non lo si invoca e non lo si aspetta nelle decisioni che dobbiamo prendere (quando lui potrebbe essere nostro suggeritore) o quando abbiamo iniziative da intraprendere (e lui potrebbe essere la nostra guida). L’altro modo sbagliato di vivere l’attesa è quello di subirla, senza vedere la preziosità del momento presente. Ci è chiesto di vivere l’attesa con intensità, invocando lo Spirito Santo.

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Propongo, a partire da questa sera, di abituarci ad invocare lo Spirito Santo: «Vieni, Spirito Santo, riempi il cuore dei tuoi fedeli ed accendi in essi il fuoco del tuo amore». Lo invocheremo soprattutto nei momenti difficili, quando dobbiamo prendere una decisione o compiere un’azione che esige responsabilità.
Continuiamo il gioco del “prediletto” della Madonna nella nostra famiglia.

15 maggio – Quinta tappa della Via Mariae: smarrimento e ritrovamento di Gesù

C’è un momento doloroso nella vita di Maria: quando perde Gesù, ma è solo l’anticipo della desolazione che sperimenterà ai piedi della croce. Alla luce di queste tappe possiamo interpretare i momenti di oscurità del cammino di fede. Può succedere che, dopo l’entusiasmo iniziale, subentri la delusione e che, dopo momenti di luce e di trasfigurazione, subentrino l’aridità e il deserto. L’anima allora si sente avvolta da una nube oscura. Nessuna luce, nessuna parola, solo silenzio. Il Signore sembra nascondersi. Sarà per un gioco d’amore? Ma l’anima non lo sa.
Poi c’è la sofferenza, propria e degli altri, che interpella. C’è il dolore innocente che turba. Si avanza, allora, solo per fede.
I Vangeli non raccontano di un’apparizione di Gesù Risorto a Maria. Ci lasciano solo intuire l’oscurità di quel Sabato Santo. È certo che la Madonna ha vissuto insieme agli apostoli, ai discepoli e alle altre donne la fede nella risurrezione, l’attesa dell’effusione dello Spirito Santo e il cammino della Chiesa degli inizi. È la prima a gioire dei racconti pasquali ed è maestra di preghiera nel Cenacolo, discreta e umile sino alla fine.
Vale per noi, come per lei, questa dinamica: mentre il contenuto della fede è permanente e stabile, l’atto di fede si esprime con un «sì» sempre nuovo. Penso così la vita di Maria accanto al discepolo che Gesù amava, Giovanni.
Il momento dell’Annunciazione è ormai lontano. Si aprono per Maria nuove circostanze e nuove situazioni di vita. A noi non è giunta alcuna altra notizia, ma la pensiamo in cammino, continuamente nella logica del dono: la sua fede è sempre più la fede di Gesù e non solo in Gesù. E questo costituisce il proprium di Maria, progetto di vita per ogni altro discepolo.

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L’impegno della giornata di domani è quello di accogliere con gratitudine anche i momenti di dolore, di dispiacere, di buio e di unirli nel «sì» di Maria.
Continuiamo il gioco del “prediletto” della Madonna nella nostra famiglia.

Omelia nella Solennità dell’Ascensione

San Marino Città (RSM), chiesa di San Francesco, 24 maggio 2020

At 1,1-11
Sal 46
Ef 1,17-23
Mt 28,16-20

«Il Signore illumini gli occhi del vostro cuore per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati e quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi» (Ef 1,18). Siamo qui per spalancare occhi e cuore a questa speranza. In questi giorni abbiamo particolarmente bisogno di speranza; speranza di raggiungere il nostro capo, Gesù. Quando si dice “capo” si intende la testa del corpo di cui tutti noi siamo le membra. Noi formiamo con Gesù un solo corpo. Nella realtà soprannaturale siamo già collocati in Gesù. Pensate a quale bellezza siamo chiamati: per questa “osiamo la speranza”!
Oggi la Chiesa è tutta proiettata verso quello che è il suo destino. Nello stesso tempo l’Ascensione è una “solennità” che ci responsabilizza; Gesù dice: «Andate in tutto il mondo, annunciate a tutti il Vangelo, insegnate, battezzate. Tuffate, immergete – questo significa battezzare – tutte le creature nella Trinità Santa: Padre, Figlio e Spirito Santo». Dobbiamo diffondere questo annuncio: è un atto di amicizia verso tutti. Non è indottrinamento, tantomeno proselitismo. A Parma, nella sede dei Missionari saveriani, è stata collocata in cima all’istituto di quattro piani una statua di Gesù che con la mano destra alzata indica: «Andate in tutto il mondo».
Gesù – l’abbiamo letto qualche domenica fa – invita le donne a raggiungere gli apostoli: «Andate ad annunziare ai miei fratelli che vadano in Galilea e là mi vedranno» (Mt 28,10). Proprio là da dove erano partiti. Sul monte Gesù si trova di fronte ai suoi apostoli e ad un gruppo di donne. Da un certo punto di vista, non si può negare che il bilancio di quello che è stato il suo ministero sia abbastanza deficitario. Undici uomini, timorosi, perplessi. Gesù, però, ha una garanzia: sa che lo amano. Non hanno capito molto di lui, ma sono venuti tutti: hanno risposto all’appello. Gesù si rende conto della loro fragilità, ma non si mette a spiegare e a rispiegare… Dice l’evangelista: «Dubitavano». Del resto, che cos’è la fede se non un dubbio risolto? Gesù affida loro la realtà preziosissima che è il Vangelo, l’annuncio del Verbo che si è incarnato sulla terra. Il Vangelo è il concentrato del progetto di Dio su tutta l’umanità. Il Vangelo è il mistero pasquale: Gesù morto e risorto. Questo annuncio dev’essere esteso a tutti e Gesù lo consegna a questo drappello di uomini e a questo gruppo di donne. Avrebbe potuto scegliere ben altri strumenti, eppure ha scelto loro, perché sa che può contare sul loro amore. Il Vangelo, poi, ha una forza propria, una luce che brilla oltre il candelabro su cui è accesa. Post eventum diciamo che Gesù ha riposto bene la sua fiducia in loro. Questa è la logica di Gesù, logica del lievito che fermenta tutta la pasta, logica del granello di sale che dà sapore. Poi Gesù dice: «Ogni potere mi è stato dato». Durante le tentazioni Satana aveva detto a Gesù: «Se tu prostrato mi adorerai, tutto sarà tuo» (cfr. Mt 4,9). Gesù si sottrasse a questo invito al potere umano. Nel mistero pasquale, sul monte dell’Ascensione, il Padre gli dà ogni potere… Un potere che non è di questo mondo (cfr. Gv 18,36), ma è un potere vero. Gesù dice: «Dunque, andate», come dire: «Tutto è già pervaso dalla mia potenza, tutto è avvolto dall’amore incommensurabile di Dio. Andate, senza paura». «Ogni potere mi è stato dato in cielo e in terra: andate, dunque…». Vorrei che quel «dunque» si imprimesse nella nostra memoria per dare coraggio alla nostra testimonianza. Gesù pronuncia poi le parole che chiudono il primo Vangelo ma che non sono congedo: «Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo». Abbiamo iniziato sottolineando l’audacia che ci infonde la speranza, adesso abbiamo un motivo in più per osare: Gesù è sempre con noi. Del resto, tutto il Vangelo di Matteo è attraversato da questa rassicurazione a partire dal nome che viene dato a Gesù, suggerito dall’angelo a Giuseppe: «Sarà chiamato Emmanuele, che significa Dio con noi». Poi, al centro del Vangelo, Gesù dice: «Dove due o più sono uniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro» (Mt 18,20). Nella conclusione del Vangelo: «Io sono con voi tutti i giorni» (Mt 28,20). L’Emmanuele ha lasciato segni della sua presenza. Un grande maestro della Chiesa, papa Leone Magno, nella sua Omelia dell’Ascensione precisa così: «Tutto ciò che fu visibile del nostro Redentore è passato nei segni sacramentali». Grazie, Signore, per la speranza che metti nei nostri cuori. Ci hai scelti, ci hai inviati e sei sempre con noi.

“Come in uno … SCRIGNO” – Perle preziose di Mons. Sisto Sergio Severi

Il nostro intento nello scrivere questo libro desiderava essere quello di onorare la Sua persona, ridonando a chi l’ha conosciuto un po’ del suo ricordo e, nello stesso tempo, far conoscere almeno una piccola sfaccettatura di questo grande sacerdote e grande uomo a chi non abbia potuto godere di questa grazia.

Il Decennale dalla sua morte (2010/2020) è parsa l’occasione giusta per farlo rivivere fra noi, nella Parrocchia di S. Antimo – Madonna della Consolazione (Borgo Maggiore) che ha così tanto amato, complessa e diversa nelle singole frazioni che la compongono, cercando di intrattenere un rapporto personale con tutti e con ciascuno. Nell’approssimarsi dell’8 Luglio, giorno in cui è ritornato alla Casa del Padre, desideriamo far pervenire ai Rev.i Parroci e a tutte la comunità della nostra Diocesi San Marino-Montefeltro, di cui Monsignor Severi è stato Vicario Generale, le locandine che ne annunciano la pubblicazione. Seguirà una breve presentazione video appena la stampa sarà pronta.

A monte della presente Opera, un paziente lavoro di registrazione, sbobinamento e dattilografia ha consentito a Maria Rosa e Marta di raccogliere con amore le parole di Don Sergio: sono appunti presi in diverse occasioni, dalle omelie ai corsi di formazione per adulti, ai discorsi rivolti ai giovani, articoli pubblicati sul “Montefeltro” e sull’opuscolo annuale “Don Bosco”, annotazioni sulle Encicliche più  recenti ed il loro contesto storico, la stesura di una sua proposta destinata al Vescovo per una Pastorale Sanitaria e … una inattesa irruzione poetica. Itala è stata la sapiente direttrice d’orchestra.

Naturalmente, le vecchie audiocassette hanno subito l’ingiuria del tempo, rendendo il contenuto, dal punto di vista uditivo, difficile da trascrivere e lo scritto, privato della sua voce, senza i suoi intercalari e sottolineature, non ci riconsegna nemmeno lontanamente la sua enfasi, la sua carica di entusiasmo infinita e il suo immenso amore in Dio, in Gesù e nell’uomo.

Non è possibile racchiudere in un breve scritto tutto quello che ci ha dato, per cui abbiamo dovuto fare delle scelte, sostenute anche dalla ricerca condotta nell’Archivio-Biblioteca Diocesano a Pennabilli, dove Monsignor Severi ha disposto che venissero depositati i suoi oltre duemila libri e tutte le sue carte. La nostra attenzione si è incentrata in modo prioritario sulla base di ciò che è stato registrato e su temi di carattere pubblico, nella speranza che studi più approfonditi possano in breve tempo procedere alla pubblicazione organica di tutta la sua opera.

Le autrici

Maria Rosa Casadei
Marta Massari
Itala Cenci Malpeli